‘SARA NON LO RICONOSCEVA COME PADRONE’, E PER QUESTO PADUANO PICCHIÒ ED ARSE SARA

    Le motivazioni che hanno indotto alla condanna all’ergastolo Vincenzo Paduano (che dopo averla perseguitata uccise e diede alle fiamme l’ex fidanzata Sara Di Pietrantonio), sono nelle oltre 70 pagine della sentenza firmata dal gup Gaspare Sturzo. La studentessa, quella sera del 29 maggio era uscita con un amico, Paduano (che si assentò momentaneamente dal posto di lavoro), la seguì fino in via della maglina dove, dopo averla obbligata a fermarsi, la picchiò e poi le versò della benzina addosso (evidenziando la premeditazione del gesto), per poi arderla. “Gli elementi del rifiuto di Sara di subire ancora la presenza di Paduano nella sua vita e, quindi la conseguente perdita del dominio fino ad allora da questi esercitato sulla ragazza – si legge nella motivazione – sono il movente e rappresentano al tempo stesso un indice della spregevolezza del fatto quale motivo abietto. Risultano accertati oggettivamente una serie continua di atti persecutori che poi prendono un indirizzo punitivo con un progetto omicidiario in quanto Sara si rifiutava di riconoscere il ruolo di padrone della sua vita in Paduano; così l’aver costruito una serie di menzogne per Sara e, poi, aver realizzato l’agguato notturno mediante una collisione stradale voluta, la sottrazione a Sara del cellulare e, probabilmente delle chiavi dell’auto; l’irrorazione dell’auto della ragazza di liquido infiammabile preparato per tale aggressione mortale; l’aver bagnato Sara dello stesso liquido; l’incendio dell’auto della ragazza; l’inseguimento, l’aggressione fisica; il soffocamento; il trascinamento del cadavere in mezzo a un letto di foglie e la distruzione di parte del corpo – scrive ancora il gup – devono far ritenere gravissimi i delitti commessi. Quanto all’intensità del dolo, valutata come sussistente la premeditazione sulla base degli elementi oggettivi sopra indicati, e tenendone distinta la malvagità del Paduano per i motivi abietti per cui ha agito in relazione al suo preteso dominio su Sara, non si può negare che il dolo di Paduano sia stato della massima potenza, manifestando aspetti di vera e propria crudeltà verso Sara”. E dunque, scrive ancora Sturzo, “in relazione alla condotta susseguente al reato deve sottolinearsi come il Paduano non s’è mostrato per nulla sconvolto innanzi a un collega del delitto commesso”. Infatti, con questi poco dopo l’omicidio beveva un caffè e fumava una sigaretta “senza che nulla fosse”.
    M.