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    Aida a Caracalla: ‘l’incubo di ogni regista’

    “Non si devono scopiazzare le produzioni altrui, passate, presenti e future, ma rifletteer per capire che ‘Aida’ non ha più la drammaturgia delle precedenti opere verdiane, dove tutto era azione e sulle quali ombreggiavano i geni di Shakespeare e Schiller, ma guarda più alla grand Opera francese e in fondo è una specie di oratorio, un po’ come il ‘Samson et Dalila’ di Saint-Saens. E’ frutto di una sperimentazione verdiana tanto che dopo ‘Aida’ Verdi dichiara di non volere più scrivere opere. Per fortuna, nostra e sua, le cose sono andate diversamente…”.

    A poche ore dal debutto, il regista francese Denis Krief prova a dire la sua rispetto alla ‘messinscena’ per eccellenza, un appuntamento prestigioso per la città di Roma che continua a rinnovarsi di anno in anno, mantenendo integri i preziosi stilemi compositivi di cui si fregia e, al tempo stesso, riuscendo a stupire per la regia di turno, che ne disegna ogni volta un’inedita caratterizzazione.
    Perché quando si parla di ‘Aida‘ e delle Terme di Caracalla si fa sul serio: si legge ‘spettacolo’ ma si legge Opera.

    ‘Aida e Caracalla, un binomio iconico a Roma’

    Lo sa bene l’attento sovrintendente Carlo Fuortes , che rimarca: “Aida e Caracalla sono un binomio iconico per i romani, un incubo per un regista”, spiega, tenendo poi a precisare che stavolta “in questa produzione non ci saranno animali”, tanto per far capire che non si guarda all’effettaccio (nel senso buono), o alla trovata scenografica, quanto invece al senso più stretto di quanto suggerito dall’opera verdiana. Infatti Krief , anche sorridendo, precisa che “Qualcuno mi ha raccontato di un’idea di ‘Aida’ con pantere e gazzelle. La mia sarà un oratorio per pini, cipressi, ruderi meravigliosi e ‘carne cotta’ a puntino dopo le temperature di questi giorni durante le prove”. Dunque una ‘lettura’ meno cinematografica, molto più agile e comunicativa: “la semplicità psicologica dei personaggi, che sono quasi delle silhouette, è estrema – spiega ancora il regista – Tranne nel terzo atto dove ‘Aida’, per carpire un segreto all’uomo che ama obbedendo alla ragion di Stato, si trasforma in una potente seduttrice”. Persino l’agognato finale, quasi liberatorio, ha una sua soluzione naturale: “Per la scena del trionfo non c’è regia possibile perché è assurdo inventarsi storie dove non ce ne sono. Basta lasciar andare la musica”.

    Aida a Carcalla: ‘la modernità di Verdi’

    Dal canto suo il M° Jordi Barnàcer, che detterà i tempi dal podio, a proposito del trionfo ha le idee abbastanza chiare: “l’organico orchestrale è gigantesco e prevede perfino le trombe egizie, al cameristico dove in molti punti Verdi vuole dei pianissimi che segna in partitura con una sfilza di ‘p’. Sono due mondi che vanno di pari passo e che non sono incompatibili”, aggiunge ancora il direttore d’orchestra, esaltando “la straordinaria modernità di Verdi che in quest’opera, con grande anticipo sui tempi, inserisce elementi che diventeranno peculiari dell’impressionismo francese molto più tardo. Verdi, come tutti i grandi, non ha tempo, e ogni nota è sempre attuale perché sempre attuali sono i temi che affronta. Abbiamo bisogno di questa musica, e anche i giovani cominciano a capirlo – conclude – grazie all’enorme attività in questo senso che teatri lirici e istituzioni concertistiche stanno facendo”.
    Il M° Gabbiani dirigerà il Coro, mentre il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera danzerà sulle coreografie di Giorgio Mancini.
    Con i sottotitoli sia in italiano che in inglese, ‘Aida’ (tutte le sere alle 21), andrà in scena venerdì 5, sabato 6, domenica 7, venerdì 12, sabato 13, giovedì 18, mercoledì 24, mercoledì 31 luglio e sabato 3 agosto.
    Per quel che riguarda i protagonisti, nel corso della varie serate il cast subirà diverse alternanze fra interpreti, ad ogni modo seppure ‘alternati’, vedremo in scena: Vittoria Yeo e Serena Farnocchia, Alfred Kim e Diego Cavazzin, Judit Kutasi e Silvia Beltrami, Adrian Sâmpetrean e Alessio Cacciamani, Marco Caria e Andrii Ganchuk, Domingo Pellicola e Rafaela Albuquerque.
    Max