Allarme Zika,primo caso nel Paese di “bimbo non nato”

    CRONACA-  L’Organizzazione mondiale della Sanità alla voce Zika recita: “Virus presente nelle regioni tropicali, in grandi popolazioni di zanzare, circola in Africa, nelle Americhe, in Asia Meridionale e nel Pacifico Occidentale”.

    Oggi,20 Febbraio 2016,alla voce,si potrebbe aggiungere anche l’Europa. Esemplificativo il caso di Sofia,26 anni, aspirante botanica medica che racconta la sua dura quanto toccante esperienza. Aspettava Pietro, il bambino che avrebbe dovuto partorire, tra ansie e preoccupazioni comuni a tutte le neomamme, quando qualcosa si è interposto come un tunnel cieco tra lei e il suo bambino. Questo qualcosa però ha un nome. Il suo nome è Zika.

    “Sarebbe dovuto nascere il giorno dell’Immacolata, a Verona. Non ne ha avuto il tempo: Zika è stato più veloce “. Queste le parole di Sofia. In poche righe è riassunta la potenza di un virus che al momento sta mettendo in ginocchio l’America Centrale, manifestando la sua potenza anche oltre oceano.

    La ragazza, di origini venete ma trasferitosi nel 2012 a Natal, costruisce nella capitale dello Stato del Rio Grande la sua nuova vita, tra aspirazioni universitarie ed una normale vita sentimentale che a Marzo 2015 le preannuncia l’arrivo di una nuova vita. Una gravidanza apparentemente tranquilla fino alla comparsa di “bolle anomale” su tutto il corpo. Sotto i piedi, sotto le mani. Prurito diffuso e dolore osseo accompagnati da febbre altissima rivelano un quadro clinico allarmante che la porta a contattare la sua ginecologa di Natal che la rassicura, dicendole che presto il quadro acuto si sarebbe attenuato e che sarebbe tornato tutto alla normalità in poco tempo. E così andò. Tre giorni e la paura iniziale sembrava lasciar posto al sereno.

    Sofia però vuole che il suo bambino nasca in Italia, motivo per il quale, in Estate torna in Veneto. Di lì i primi contatti con le strutture in zona per i consueti accertamenti periodici tipici della gravidanza. E proprio durante uno di questi accertamenti, nel mese di Agosto, in fase ecografica, insorgono le prime perplessità.

    L’ecografista nota infatti qualcosa di anomalo e si accerta sulla data relativa al presunto concepimento. Il bambino sembrava troppo piccolo rispetto al quadro di sviluppo dei bambini allo stesso stadio di gestazione. Dubbi che richiedono accertamenti specifici. Quindici giorni dopo, Sofia si trova al pronto soccorso dell’Ospedale civile maggiore di Borgo Trento con diagnosi iniziale di “gravidanza a rischio”. Nell’importante ospedale Veronese le fissano un appuntamento per un’ecografia di terzo livello.

    In questa sede si arrivò ad una diagnosi clinica più dettagliata. Il personale medico rivelava infatti la presenza di anomale macchie sul feto. L’Ecografia però non risultava la metodica obiettiva più adeguata per la diagnosi della malattia, il caso necessitava di un imaging dalla risoluzione migliore, motivo per il quale, a distanza di una settimana, Sofia si sottopone ad una risonanza magnetica.

    Il cervello di Pietro (questo il nome che la ragazza aveva immaginato per il nascituro) era pieno di cisti. Cisti che sembravano nutrirsi dei suoi tessuti, il bambino, nascendo, avrebbe potuto vivere in uno stato vegetativo. Avrebbe potuto non sentire, non vedere, non parlare.

    Un quadro emotivamente devastante che porta il personale medico a non esporsi, lasciando trapelare però la possibilità di interrompere la gravidanza. Ovviamente non Italia, per cui la legge italiana sulle “interruzioni volontarie di gravidanza” (IVG) non si presta a dubbi interpretativi.

    L’ IVG è la Legge 22 maggio 1978, n.194 Nei primi novanta giorni di gravidanza il ricorso alla IVG è permesso alla donna

    che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito (art. 4).

    La IVG è permessa dalla legge anche dopo i primi novanta giorni di gravidanza (art. 6):

    • quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
    • quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

    Per questa ultima forma di aborto,eccedente i 90 giorni dalla data del concepimento e definito aborto“terapeutico”,è necessaria la dichiarazione di un medico specialista che riferisca la patologia della donna o del nascituro,oppure di uno psicologo/psichiatra nel caso in cui la sofferenza correlata al prosecuzione della gravidanza sia di tipo psicologico.

    Nonostante la ragazza avesse rivelato al personale medico di aver vissuto in Brasile e di aver contratto lì il virus Zika, la letteratura scientifica di cui disponevano i medici italiani non era in grado di fornirli degli strumenti sufficienti per elaborare ipotesi e teorie in merito al suo caso. L’alternativa a queste opzioni, sarebbe stata quella di recarsi un paese in cui questo tipo di aborti non richiedesse un iter istituzionale al pari di quello Italiano. La Slovenia poteva essere una soluzione.

    E’ Ottobre quando Sofia decide di recarsi nel centro clinico universitario di Lubiana,in Slovenia,dove una commissione medica si mobilita per lei. Qui si scopre però che Pietro non si muove più.

    “Sono stata indotta al parto il 15 ottobre, il suo cuore non batteva più ….. I suoi tessuti li ho donati in ricerca: un mese più tardi mi hanno mandato risultati dell’autopsia. Nel suo cervello hanno trovato, per la prima volta in Europa, il virus Zika. Il mio caso è stato pubblicato sulla rivista inglese specialistica New England Journal of Medicine con il titolo: “Zika virus associated with microcephaly””. Queste le parole di dolore di Sofia.

    La giovane veneta però non rappresenta un caso sporadico ma rappresenta uno dei tanti episodi di donne in gravidanza contagiate da Zika, il primo all’interno dei confini italiani. Si riportano già 31 mila casi in Colombia di cui circa 5000 da riferirsi a donne in gravidanza come rivela l’Istituto Nazionale per la salute del paese.

    Anche la rivista specialistica Lancet Infectious Diseases rafforza la tesi di un possibile legame tra la gestante affetta da Zika e l’ipotesi che il nascituro nasca con un grave deficit neurologico. Zika infatti è stato rivelato nel liquido amniotico di due donne che durante la gravidanza hanno avuto i tipici sintomi associati all’infezione ( tra i quali rash cutanei ,febbre, dolori ossei e muscolari accompagnati da uno stato di astenia generale). I loro feti, così come nel caso del bambino di Sofia, come riportato all’inizio del capitolo, mostravano segni di microcefalia. L’amniocentesi ha rivelato in entrambi i casi la presenza di questa rara condizione neurologica associata ad un anomalo sviluppo del cervello del feto),avvallando ancor di più l’ipotesi che il virus,attraversando la barriera della placenta,possa infettare il feto,come spiega la ricercatrice Ana de Filippis dell’Istituto Oswaldo Cruz di Rio de Janeiro. La studiosa, intervistata dalla BBC Online, puntualizza però come “lo studio non possa determinare se il virus Zika identificato in questi due casi sia stato la causa della microcefalia dei bambini”. Motivo per il quale,aggiunge “sono urgentemente necessarie ulteriori ricerche”.

    Bruce Aylward,direttore per le emergenze dell’OMS ha però dichiarato che soltanto a metà anno si potrà avere un quadro più dettagliato in merito a questa correlazione e, cercando di attenuare i toni relativi al dibattito Zika, ha aggiunto che il Brasile potrà godersi le prossime olimpiadi, la cui cerimonia di apertura è fissata per il 5 Agosto, data per cui, l’esperto, auspica che il virus possa subire un’attenuazione.

    Flavia Paradiso