AMAZON – E’ COME SE LAVORASSIMO COL BRACCIALETTO ELETTRONICO: ECCO PERCHE’ LO SCIOPERO…

    Stamane il colosso americano dell’E-commerce ha assicurato il massimo impegno “per mantenere fede ai tempi di consegna, previsti per i clienti nella giornata del Black Friday e per quelle successive”. Ma la ’mossa a sorpresa’ dei dipendenti dell’hub piacentino di Amazon comporterà comunque disagi. E non pochi. A spiegare i motivi che hanno portato i lavoratori a questo clamoroso stop, è stato uno di loro, che ha preferito rimanere anonimo: intanto, “per lavorare da Amazon? Bisogna avere un ’fisico bestiale’, ha spiegato il pur 33enne dipendente del centro Amazon di Castel San Giovanni. Qui, proprio nel giorno del ’Black Friday’ (il ’Natale’ dello shopping online), Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Ugl, hanno infatti indetto uno sciopero nello stabilimento italiano del colosso di Seattle. A motivare tale agitazione, la richiesta (disattesa per mesi), di un adeguato trattamento economico, oltre a una diversa regolamentazione dei turni di lavoro: “Ci chiedono di fare i salti mortali in nome della produttività – spiega il giovane dipendente – e, allora, abbiamo chiesto anche noi di avere un premio produzione, ma per ora hanno detto di no”. Dunque non sono tutte rose e fiori nello stabilimento (che impiega poco meno di 4mila persone, la metà con contratto a tempo indeterminato),che vanta un’età media degli operai è tra i 25 e i 30 anni, ed il lavoro, è organizzato su tre turni di 24 ore su 24 per 7 giorni su 7 “con uno stacco di mezz’ora per non creare ingorghi di posteggio: sono geniali in questo, non c’è che dire”. Ciò che sconcerta i dipendenti è che tutto è ’calcolato’, ad esempio: il cosiddetto ’passo Amazon’, ovvero, “nel reparto, dove la merce viene confezionata e spedita, devi fare almeno 120 pezzi in un’ora. Nei pacchi multipli, invece, devi raggiungere un altro target, ma in generale diciamo che il calcolo è semplice: due pacchi al minuto. Siamo tutti monitorati. Chi fa i pacchi è monitorato perché loggato a un computer, mentre chi va a prenderli usa uno scanner su cui si registra con il suo nome. E, quindi, se ti scolleghi per andare in bagno per 5 minuti, poi, è tutto tempo che devi recuperare. Non esagero, ma mi sento come se avessi un braccialetto elettronico”. Per carità, nell’hub è “tutto in regola – aggiunge ancora il 33enne – stipendio sui 1450 lordi, nulla da dire su questo, e altrettanti con contratti di somministrazione con un’agenzia interinale. I cosiddetti ’green badge’, sono loro i più sfruttati. Qualcuno si è lamentato, ma il caso ha voluto che a fine contratto non sia stato richiamato. Conosco persone che prendono antidolorifici, fanno anche punture, per i dolori alle braccia, alla schiena e alle gambe. Ma è normale perché chi fa i pacchi e confeziona la merce prelevata, sollecita di più quelle zone del corpo. Fanno fatica a trovare personale qui in zona, chi ci è già finito, non ci torna anche se ricontattato – denuncia il giovane – tanto che ci sono pullman di gente che arriva da Varese e Alessandria, navette che passano e li portano allo stabilimento. La durata media di un dipendente da noi è di 3 anni, dopo rendi meno e, quindi, ti aiutano ad andare via. Chi va a prelevare la merce dagli scaffali deve fare 20 chilometri al giorno in giro per le Tower di 4 piani, sembrano un bunker con soffitti di oltre 2 metri, gli altri devono avere una bella schiena muscolosa per tenere il ritmo. Certo, portano lavoro e tanto, ma non c’è futuro professionale: ti pagano dei corsi per qualificarti, così, puoi trovarti un’altra occupazione: la patente per fare il camionista oppure quelli da infermiere. Ti danno il giorno di permesso per dare l’esame, in questo sono molto ’avanti’. Non ti licenziano, ti danno una mano a cambiare mestiere. Non siamo tutti uguali, c’è quello più anziano che non tiene il passo ed è umiliante che ti vengano a far notare ogni singolo errore, chiedendoti ’possiamo aiutarti? Che è successo?”. Il dipendente ricorda poi il caso di “di un ragazzino, avrà avuto al massimo 20 anni. L’hanno licenziato per un selfie, fatto con il Pc in dotazione. Avevano ragione perché firmi un contratto di riservatezza, non puoi divulgare immagini o dare informazioni sulle tecnologie e quello che avviene dentro. Ma, certo, era un ragazzino. Ha fatto un errore e l’hanno mandato via, mi è dispiaciuto tantissimo”.
    M.