Brexit, dimessi quattro ministri

    Il caso Brexit fa cadere il governo britannico nel caos. Dopo l’approvazione del consiglio dei ministri di ieri sulla bozza di accordo sulla Brexit guadagnata da May con le istituzioni europee, stamane sono giunte le dimissioni di quattro rappresentanti del governo antieuropeisti che ora potrebbero condizionare e non di poco il futuro politico di Theresa May e di tutta la Gran Bretagna. La perdita più significativa riguarda l’uscita del ministro della Brexit Dominic Raab, che era l’intermediario del Regno Unito nelle trattative con Bruxelles. Un addio clamoroso, perché Raab non era considerato negli ultimi tempi come tra i più ferrei oppositori dell’esecutivo. Invece ci si sbagliava, poiché ha lasciato con una lettera formale ma dura su Twitter: “Non posso sostenere l’accordo con l’Ue”, ha ammesso lui stesso che ha stilato quell’accordo, “la soluzione proposta per l’Irlanda del Nord rappresenta una minaccia reale all’integrità del Regno Unito”. Subito dopo Raab ha rassegnato le dimissioni anche la sottosegretaria alla Brexit Suella Braverman.Non solo loro. Stamattina hanno abbandonato anche uno dei sottosegretari in rappresentanza dell’Irlanda del Nord, Shailesh Vara, e la ministra del Lavoro Esther McVey. Vara, come Raab, non è concorde sul negoziato con l’Irlanda del Nord, che prevede una specie di canale privilegiato nelle trattative commerciali con l’Ue a tempo potenzialmente indefinito, cosa che, per Vara, la farebbe sciogliere dalla Gran Bretagna (cioè il resto del Regno Unito). Commenta Raab: “Siamo una nazione orgogliosa e ci siamo ridotti ad obbedire alle regole fatte da altri Paesi che hanno dimostrato di non avere a cuore i nostri migliori interessi. Possiamo e dobbiamo fare meglio di questo. Il popolo del Regno Unito merita di meglio”.McVey invece è sempre stata tra i più vivaci e oggi lo ha evidenziato sbattendo duramente la porta: “L’accordo di May non rispetta il risultato del referendum del 2016, siamo passati da una situazione per cui nessun accordo era meglio di un cattivo accordo a un’altra per cui un cattivo accordo è meglio di nessun accordo con l’Ue. Io non ci sto”.