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Brexit revoca del 50 e petizione

Ore caldissime in tutto il Regno Unito per la questione della Brexit con la richiesta di revoca dell’articolo 50 e le firme per la petizione. “Revocare l’articolo 50”: 5 milioni di firme anti Brexit e un percorso che si fa sempre piu tortuoso in ambito Brexit appunto, in Gran Bretagna.
Mentre la leader May sostiene che il processo non si può interrompere, intanto il ministro delle finanze Philip Hammond afferma: “Un secondo referendum è una proposta che merita di essere valutata”. Ad ogni buon conto la petizione “Revoke Article 50”, relativa appunto alla possibilità di arrivare alla revoca dell’Articolo 50 chiede alla Gran Bretagna di rimanere un membro dell’Unione europea, ha ottenuto quello che può essere visto senza alcun dubbio come un traguardo storico, ovvero sia quello di andare oltre la petizione che nel 2016 voleva un secondo referendum sull’adesione all’Europa. 

Brexit revoca del 50 e petizione: risultato storico a un passo da una svolta ancor più storica

Un risultato ottenuto per altro in seguito dopo che migliaia di cittadini hanno deciso di mettersi in marcia in direzione Westminster sabato per sottolineare la necessità, forse l’urgenza dal loro punto di vista, di tornata a consultare il popolo: in 24 ore si sono aggiunte due milioni di firme alla petizione, e stando ai dati della commissione per le petizioni del Parlamento inglese,  il 90%  e oltre di esse giungono dal Regno Unito. Numeri attorno ai quali del resto la premier britannica Theresa May deve fare i conti in ottica Brexit appunto anche se la stessa leader ha detto di poter escludere che si possa interrompere il processo della Brexit stessa. A frenarla, però, ci ha pensato il  ministro delle finanze, Philip Hammond, in un’intervista a Sky News. Secondo lui, infatti, un secondo referendum su Brexit è coerentemente possibile: “Non sono sicuro che vi sia una maggioranza in parlamento a favore di un secondo referendum – ha detto – ma si tratta di una proposta perfettamente coerente che merita di essere valutata” alla Camera.
Quindi il no-deal Brexit e cioè un’uscita dall’Ue in assenza di un’intesa con Bruxelles, potrebbe in questa ottica rappresentare “un esito catastroficamente negativo” per il Regno Unito, ha ammesso Hammond, chiarendo dunque che “realisticamente potremmo non essere in grado di trovare una maggioranza per l’accordo sulla Brexit del primo ministro”. Questo, dal momento che “tra poco più di due settimane correremo il rischio di dover affrontare una scelta molto netta” tra una Brexit no-deal o una Brexit.