CAMORRA, A NAPOLI ARRESTATO LUIGI CIMMINO, INCASTRATO DA UN’AMANTE GELOSA CLAN

Blitz anticamorra nei quartieri collinari di Napoli: arrestate 5 persone ritenute affiliate ai Cimmino. In manette anche il boss Luigi Cimmino, 54 anni. Il clan è stato incastrato da un’amante gelosa. Le accuse sono di associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata ai danni di imprenditori. Ricostruita la struttura criminale del clan: il pizzo veniva usato per pagare il mantenimento degli affiliati in carcere. Il boss, dopo la scarcerazione nel 2011, aveva riorganizzato il gruppo con affiliati storici e nuove leve. Il boss Luigi Cimmino è stato acclamato dai familiari quando è stato portato fuori dalla caserma dei carabinieri del Vomero a Napoli (“bravo, bravo”, il grido di incitamento a cui sono seguiti gli applausi). Cimmino era il vero obiettivo dei killer del clan Caiazzo nell’agguato che costò la vita alla vittima innocente della camorra Silvia Rutolo, uccisa il 17 giugno 1997 a salita Arenella. Cimmino, luogotenente del boss Caiazzo, finì in una faida tra gruppi scissionisti del clan di Giovanni Alfano, condannato in veste di mandante insieme ad alcuni affiliati in qualità di esecutori materiali. La reazione della cosiddetta Alleanza di Secondigliano provocò una interruzione netta dei rapporti con Giovanni Alfano.L’Alleanza strinse nuovi patti con il clan Polverino. Cimmino acquisì uno ruolo di controllo delle attività illecite nei quartieri collinari di Napoli dopo l’arresto di Antonio Caiazzo, costituendo un proprio gruppo criminale, totalmente autonomo. Il clan gli aveva affidato l’incarico di consegnare gli stipendi, le cosiddette “mesate”, alle famiglie degli affiliati detenuti e grazie alla sua amante, particolarmente gelosa che lo teneva sotto controllo via telefono perché temeva di essere tradita, gli investigatori scoprono che il gruppo camorristico guidato da Luigi Cimmino forniva anche una sorta di assistenza ai suoi uomini più fidati. L’uomo, infatti, elemento di rango del clan, per dimostrare la sua fedeltà alla donna, va a consegnare due “mesate” ad altrettanti mogli di detenuti affiliati tenendo la comunicazione attiva per tutto il tempo. L’intercettazione viene carpita dai carabinieri che così ottengono informazioni vitali sulla vicenda. Dalle indagini, inoltre, è emerso che il clan si è anche prodigato per pagare le spese matrimoniali alla figlia di uno dei suoi affiliati storici.