Cartelle equitalia, scaduta la rottamazione

    La rottamazione delle cartelle equitalia si concludeva venerdì 7 dicembre. È infatti stata stabilita per oggi la scadenza per i 345mila “ripescati” delle precedenti tranche che potranno rimettersi in regola pagando le rate scadute fino al 31 ottobre delle cartelle equitalia attraverso i bollettini che hanno già in mano. I contribuenti che prenderanno parte all’ultimo aggiornamento riscossione delle cartelle equitalia il tempo di scadenza è prolungato sino al 30 aprile 2019 per fare richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. E per ora non dovranno sborsare niente: la prima rata giungerà entro l’inizio d’agosto. Intanto è bene comprendere che la rottamazione delle cartelle esattoriali, in attesa dell’approvazione del testo il 12 dicembre, porterà sostanziale novità per tutti i ripescati che parteciperanno alla definizione agevolata: le rate saranno redistribuite su diciotto quote con la stessa cifra da versare a differenza delle dieci previste nella prima bozza del decreto legge 119/2018 e delle passate versioni agevolate. L’importo richiesto, che prevedono incentivi su  more e sanzioni, verrà versato in cinque anni con un tasso favorevole del 2% contro il 4,5% della passata definizione agevolata. La dilazione del contributo avverrà in automatico senza la necessità di alcuna richiesta da parte del contribuente neanche nella situazione dei “ripescati”, che però coglieranno l’occasione di avere un tasso d’interesse agevolato (lo 0,3%). Solo però prima di aver versato le tre rate (luglio, settembre e ottobre) entro oggi. Per questa frangia di cooperanti,  la scadenza è tassativa: se si va oltre anche di un solo giorno, non sarà più consentita la rottamazione e si tornerà al pagamento rateizzato senza agevolazioni o alle procedure d’infrazione previste. Per i pagamenti seguenti, invece, le cose differiscono. Rispetto a prima ci sarà infatti una maggiore benevolenza verso i pagamenti in ritardo: si potrà chiudere un occhio su dimenticanze o sbagli fino ad un limite di cinque giorni. Nella precedente versione, invece, il ritardo di un solo giorno causava l’automatica cancellazione dalla procedura (salvo poi essere ripescati dal governo successivo).