Claudio Amendola protagonista di Nero a Metà

    La Roma multietnica della zona dell’ Esquilino, le piccole strade del rione Monti, un ispettore che ne ha vissute molte, Claudio Amendola, e il suo fedel compagno, il giovane Miguel Gobbo Diaz, oggetto di pregiudizi per il colore della sua pelle. Ma il vero protagonista rimane lui, Claudio Amendola, di Nero a metà, diretto da Marco Pontecorvo, su Rai1 dal 19 novembre per sei prime visioni, in un mix di poliziesco e commedia, cercando di raffigurare le contraddizioni della nostra cultura. “Ci siamo fatti fregare dal negro” pronuncerà l’ispettore Amendola nella prima puntata. “La coppia investigativa è formata da due poliziotti molto diversi per generazione e atteggiamenti, ma questa è anche una storia sul pregiudizio per il colore della pelle e l’estrazione sociale” racconta la direttrice di RaiFiction, Tinny Andreatta. Amendola, nel momento in deve eseguire un identikit su una persona di colore, non sa come fare “perché gli sembrano tutti uguali”. Non è che questo poliziotto è razzista? “Ma no” racconta l’attore romano, “assolutamente. È inadeguato, certo non è un ipocrita. La battuta con la parola che non si dice la facciamo tutti. Ma Guerrieri sa imparare e sa essere giusto, è cinico ma sa rapportarsi con gli altri. Abbiamo cercato di raccontare la diffidenza, la piccola incapacità di essere onesti con se stessi. L’ispettore che interpreto è un po’ ruvido, allergico ai superiori, ma anche capace di tirare fuori le carezze; è un capo amato dalla sua squadra”. Corealizzata da Rai Fiction e Cattleya, con la partecipazione di Netflix, la serie naviga tra i quartieri di Roma lasciate a se stesse, anche un’ex stabile occupato da immigrati (col proprietario che esclama: “Ho cercato più volte di farla sgomberare”). Riporta alla memoria fresca la zona in cui è stato rinvenuto il cadavere di Desireè Mariottini. “Abbiamo girato la scorsa primavera” dice Amendola “mi ha fatto impressione leggere cos’è successo a San Lorenzo. Ci sono zone abbandonate nel centro della città, che vengono occupate. Ci sono milioni di problemi da risolvere. Con l’immigrazione dobbiamo fare i conti, è un’onda che non si fermerà”. “Affrontiamo il tema dell’integrazione partendo dai personaggi e dalla loro diversità” rammenta il regista Pontecorvo, “questa serie dimostra che è possibile, visto che Malik è perfettamente integrato. Il problema è sempre il pregiudizio”.