Cos’è l’Einstein Telescope che il governo vuole in Italia

(Adnkronos) – Studierà l’universo con le onde gravitazionali portandoci indietro nel tempo, fino a 13 miliardi di anni fa. Anzi l’Einstein Telescope – dedicato al genio di Albert Eistein che per primo ipotizzò l’esistenza delle onde gravitazionali scoperte nel 2015 – ‘ascolterà’ l’universo attraverso le onde gravitazionali che è come se fossero la voce, l’eco dei più estremi eventi astrofisici nel cosmo. E l’Italia – che con la Premier Giorgia Meloni che ha presentato ufficialmente la candidatura del nostro Paese – è bene intenzionata ad assicurarsi lo sviluppo e la sede di questa eccezionale infrastruttura della scienza sul proprio territorio. Il sito italiano proposto è nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos, in Sardegna, fra i comuni di Lula, Bitti e Onanì. L’Et – come lo hanno ribattezzato gli scienziati – è un interferometro di terza generazione rispetto agli attuali perché la sua sensibilità sarà almeno dieci volte migliore, andando a investigare un volume d’Universo almeno mille volte superiore a quello attuale.  

Imponente l’effetto totale potenziale in termini di occupazione generato da Et che, considerando effetti diretti e indotti, è stimato in 36.085 unità di forza lavoro e che corrispondono a circa 4.000 persone che lavorano, full time ogni anno, per i 9 anni di costruzione ipotizzati. Poiché la costruzione richiede l’avvicendarsi di diverse professionalità nelle varie fasi di costruzione, ci saranno degli specialisti che potranno lavorare per frazioni di anno e quindi il numero di persone che saranno coinvolte sarà maggiore di 4.000 l’anno. Questa forza lavoro sarà distribuita in tutta Europa, con una previsione indicativa di un 70% circa nella nazione ospitante. La mission prioritaria di Et è scientifica ed il suo obiettivo è la conoscenza, è studiare l’universo con le onde gravitazionali, attraverso la sua storia, ripercorrendola indietro nel tempo fino all’epoca in cui è comparsa la luce, per capirne l’origine, come si è formato ed evoluto e quale sarà il suo futuro.  

Gli scienziati ci ricordano che del nostro universo ad oggi conosciamo poco meno del 5%, ossia la materia ordinaria di cui siamo fatti noi e tutto ciò che possiamo osservare nel cosmo. Del restante 95% circa “non sappiamo praticamente nulla”, possiamo solo concludere, sulla base delle nostre osservazioni, che – scrivono gli scienziati dell’Infn sul sito dedicato a Et – esistono un altro tipo di materia, chiamata materia oscura, e un’energia, chiamata energia oscura, entrambe di natura sconosciuta. Einstein Telescope potrà contribuire a comprendere l’universo oscuro, verificando alcune ipotesi, ad esempio i buchi neri primordiali o gli assioni come ipotetici componenti candidati a costituire la materia oscura, che rappresenta circa il 25% del nostro universo “ma la cui natura oggi è, appunto, una delle maggiori questioni ancora irrisolte”.  

Un altro importante risultato scientifico che Et potrà realizzare, e che aprirebbe la strada verso la comprensione del big bang, e dunque dell’origine dell’universo, è la misura di parametri cosmologici legati alla sua espansione e quindi al problema dell’energia oscura, di cui sappiamo solamente che costituisce oltre il 70% dell’universo e che ne condiziona fortemente l’evoluzione. Come tutti i progetti di Big Science, anche l’Einstein Telescope ha bisogno di un ampio supporto e il progetto Esfri di Et – spiega l’Infn su einstein-telescope.it – è organizzato in forma di consorzio, è guidato da Italia e Paesi Bassi e gode del sostegno politico di Belgio, Polonia e Spagna. La comunità di Et è attiva da oltre 15 anni e dal 2022 è organizzata in una collaborazione scientifica internazionale, composta da oltre 1.400 persone, tra cui ricercatori, ingegneri, tecnici e scienziati dei dati, appartenenti a più di 220 istituzioni distribuite su 23 nazioni, sia in Europa, con Francia, Germania, Grecia, Repubblica Ceca, Svizzera, Regno Unito e Ungheria, sia nel mondo. Et – nato nel 2006 e il cui sviluppo si snoderà fino al 2038 – richiede ingenti risorse, il totale dell’investimento previsto è di 1,91 miliardi di euro, di cui 50 milioni di euro per il progetto (2008-2017); 171 milioni di euro per la preparazione (2018-2027); 1,7 miliardi per l’implementazione (2025-2035); 37 milioni di euro l’anno per le attività (2034-2038).  

Et, spiega l’Infn, presenta un potenziale scientifico eccezionale e le sfide scientifiche da affrontare porteranno a sviluppi tecnologici in vari settori, tra cui la meccanica di precisione, la metallurgia, la sensoristica sismica, l’ottica, le tecnologie quantistiche e la gestione di imponenti moli di dati con l’intelligenza artificiale, nonché un enorme impatto sul territorio in cui sarà costruito. L’Italia ha un ruolo preminente a livello mondiale del settore, essendo uno dei soli due paesi al mondo dotati di uno strumento idoneo a questa scienza, Et rappresenta quindi un’opportunità straordinaria per la scienza, per l’industria nazionale e per la Sardegna. Il Ministero dell’Università e Ricerca ha recentemente approvato il progetto Pnrr IR0000004-Etic che è dedicato allo sviluppo delle tecnologie abilitanti in Italia e alla realizzazione di uno studio di fattibilità per un disegno di Et in Sardegna sostenibile e ecologico. La straordinaria sensibilità di Et impone che l’ambiente in cui sarà costruito sia il più possibile protetto da vibrazioni del terreno.  

Per questa ragione si è indicata la Sardegna, una delle regioni meno sismiche in Europa e a bassa densità di popolazione. Inoltre l’Einstein Telescope, i cui bracci dovrebbero essere costruiti fra i 100 ed i 300 metri sotto terra per allontanare dalla sua capacità di ‘ascolto’ qualsiasi rumore naturale e artificiale, è una infrastruttura di ricerca innovativa ma è anche una grande infrastruttura civile, basti pensare alla realizzazione degli scavi, dei tunnel sotterranei, delle sale sperimentali sotterranee e dei laboratori di superficie. Tutte queste infrastrutture saranno realizzate in un ambiente naturale unico e da tutelare, e al quale dovranno perciò adeguarsi. Gli aspetti di sostenibilità ambientale, territoriale ed energetica sono prioritari e, assicurano gli esperti, rappresentano un elemento di valore intrinseco per tutto il progetto Et, che offrirà spunti di sviluppo e di replicazione in altri territori. Einstein Telescope moltiplicherà le necessità di componentistica meccanica rispetto a Virgo con un costo aspettato, per le sole sospensioni, di circa 52 milioni di euro. Inoltre, l’uso della robotica si sta da poco affacciando all’interno del mondo dei rivelatori di onde gravitazionali ed Et rappresenta un’opportunità di sviluppo in questa nuova relazione.  

L’elaborazione dei dati raccolti da Et richiederà sistemi di calcolo d’avanguardia. È prevista la trasmissione in tempo reale di un flusso sostenuto di dati verso centri di calcolo dislocati in Italia, Europa e anche in altri luoghi del mondo. Il sito che ospiterà l’infrastruttura di Et sarà il punto di partenza e di prima gestione di questa grande mole di dati. Nel caso della Sardegna, ciò potrà essere realizzato grazie anche al potenziamento della rete della ricerca Garr, previsto nell’ambio del progetto Pnrr TeRabit, in cui l’Italia sarà il primo punto di approdo in Europa, e contribuirà all’elaborazione, oltre che alla trasmissione dei dati.  

Istituti di ricerca e Università nazionali lavorano allo sviluppo di soluzioni innovative dedicate al calcolo scientifico di alta prestazione: è il proseguimento di una lunga tradizione che ha contribuito a realizzare in Italia grandi centri di ricerca sul calcolo, ne sono esempio il supercomputer Leonardo del Cineca e il neonato Centro di Ricerca in High Performance Computing, big data e quantum computing Icsc a Bologna, finanziato nell’ambito del Pnrr.  

La presenza di una cultura dell’innovazione nel calcolo alimentata dalle necessità di Et secondo gli esperti costituisce “un vantaggio per le imprese che potranno disporre delle soluzioni più avanzate collaudate dagli utenti più esigenti”. Queste necessità, assicurano, potranno anche creare un indotto con contenuti di alta tecnologia, che potrà contribuire all’innovazione anche nelle industrie di settori più tradizionali, dimostrando la realizzabilità di quel grande balzo che va dalla ricerca di nuova conoscenza alle sue potenti ricadute nello sviluppo economico dei Paesi. (di Andreana d’Aquino)