Covid oggi Italia, terapie intensive: numeri in aumento

L’aumento dei contagi da Covid in Italia, dove secondo l’Iss “si osserva una maggiore incidenza di casi diagnosticati nella popolazione non vaccinata”, inizia a pesare nelle terapie intensive degli ospedali che nelle ultime settimane hanno visto crescere il numero dei pazienti ricoverati. Secondo l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) quattro Regioni, al 2 dicembre, hanno superato la soglia critica del 10% dell’occupazione di posti letto in terapia intensiva da parte di pazienti Covid: Friuli (15%), Umbria (11%), Veneto (11%) e Provincia autonoma di Bolzano (14%). 

PRIMARIO RIANIMAZIONE OSPEDALE PADOVA: “SAMO AL LIMITE” 

In particolare nei reparti di rianimazione dell’Azienda Ospedaliera di Padova, il responsabile Ivo Tiberio, traccia un quadro preoccupante della situazione. “Ormai siamo al limite: nella terapia intensiva centrale abbiamo 18 ricoverati su 18 posti letto, nella seconda terapia intensiva alll’ospedale Sant’Antonio, che abbiano dovuto aprire nei giorni scorsi visto l’aumento dei ricoveri, abbiamo 14 posti occupati su 18. Il tasso di occupazione si è alzato in quest’ultima settimana, a causa della decisa accelerazione del numero di infezioni”, afferma all’Adnkronos. “Nell’ultima settimana abbiamo ricoverato 15-20 persone – spiega – per questo, siamo in costante contatto con la task force della Direzione dell’Azienda Ospedaliera per decidere se sarà necessario un nuovo adeguamento di posti in rianimazione, anche se non c’è dubbio che per effetto dei vaccino, il numero di ricoveri è decisamente inferiore a quello dell’anno scorso: il vaccino è l’unico vero argine all’infezione, e i numeri lo testimoniano – spiega il dott. Ivo Tiberio – ad oggi nella terapia intensiva centrale abbiamo 13 ricoverati su 18 non vaccinati, mentre al Sant’Anonio sono 13 su 14 i non vaccinati”. 

Di più, spiega ancora il responsabile delle terapie intensive dell’Azienda Ospedaliera padovana: “La maggioranza dei ricoverati ha tra i 50 e i 60 anni, ma abbiamo anche 40enni e pazienti ancor più giovani che non hanno altre patologie, ricoverati in rianimazione solo a causa del Covid: molti di loro dopo due-tre settimane di ricovero in terapia intensiva, ne escono molto provati, e capiscono di aver sbagliato a non vaccinarsi.”. “Purtroppo, molti di loro sono stati strumentalizzati: così la loro paura nel vaccino si è trasformata in mancanza di fiducia causata da ideologie sbagliate. E così, alla mancanza del vaccino si aggiunge spesso anche la mancanza di protezione. E’ quindi necessario far capire a tutti che il vaccino, assieme alle norme igieniche, sono l’unica arma contro il Covid. Solo così potremo guardare con un po’ di ottimismo al prossimo Natale”, conclude 

INTENSIVE LOMBARDIA: “NUMERI SALGONO, AIUTATECI CON TERZE DOSI” 

In Lombardia, sul fronte delle terapie intensive e dell’aumento dei letti occupati da pazienti Covid, “c’è una situazione a cui bisogna rispondere. Se siamo preoccupati? Il futuro non cambia se ci preoccupiamo o no. Più che preoccuparci dobbiamo occuparci del problema. Il numero di ricoverati nelle terapie intensive della regione sta salendo a una velocità più o meno costante. Rispetto alle precedenti ondate questa risalita è più lenta. Da intensivista penso che ad oggi la cosa più importante sia la terza dose di vaccino anti-Covid. Su questo mi sento di dire alle persone: aiutateci. Invito tutti quelli che possono, chi si avvicina ai 5 mesi trascorsi dalla seconda dose, a prenotarla. La terza dose la dobbiamo fare più in fretta possibile”, afferma Antonio Pesenti, direttore del dipartimento di Uoc Anestesia-Rianimazione del Policlinico di Milano. 

Oggi i numeri dell’epidemia sono tornati a salire e la Lombardia, come altre regioni, deve tornare a misurarsi con il rischio zona gialla in un orizzonte temporale breve. Nelle terapie intensive della regione, in questo momento “tutti i giorni il bilancio cresce di 5-7 letti in più occupati da casi Covid – spiega Pesenti all’Adnkronos Salute – Vediamo quando smette questo aumento. Non so dire quando succederà, non riesco a prevederlo”.  

Ma il medico mette l’accento in particolare su quello che i cittadini possono fare per contribuire a evitare che i numeri di Covid sfuggano al controllo. Il primo punto è, ribadisce lo specialista, la terza dose. “Abbiamo ormai visto che il vaccino funziona. Ha una durata limitata nel tempo, pensavamo fosse più lunga, ma fra varianti e fattori vari abbiamo visto che dura qualche mese. Quindi la terza dose va fatta in tempi rapidi. Le cose più importanti sono sempre le stesse: distanziamenti, mascherine, lavarsi le mani, e soprattutto vaccinarsi”.  

La variante Omicron spaventa gli intensivisti? “A parte gli allarmi dell’Organizzazione mondiale della sanità, nessuno ha dei numeri – riflette l’esperto – Bisognerà che qualcuno tiri fuori qualche numero, dicendo se i malati sono più gravi, se i vaccinati resistono di più. Dobbiamo ancora capire cosa è questa variante Omicron. Intanto andiamo avanti”. 

INTENSIVISTI: “A NATALE PREOCCUPATI NON PER VIRUS MA PER ALTRE MALATTIE” 

Per Natale nelle terapie intensive italiane “siamo con il fiato sospeso, ma non per i numeri assoluti dei possibili ricoverati con infezione da Sars- Cov- 2. La nostra maggiore preoccupazione sono le altre patologie in una stagione in cui comunque la situazione è tradizionalmente problematica anche senza pandemia”, afferma Antonino Giarratano, presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti). “Non temiamo assolutamente, grazie ai vaccini, un’ondata come quella che abbiamo vissuto lo scorso anno. Non abbiamo problemi a garantire cure a chi si ammala a causa del virus, se non arriva una nuova variante in grado di bruciare vaccino. Avremo però problemi – continua il presidente degli anestesisti rianimatori – nella misura in cui questi malati occupano posti ai pazienti non Covid, anche in termini di letti bloccati. E, al momento, non possiamo sapere di che numeri si tratta”.  

I medici delle terapie intensive attendono, quindi, “di capire di quanto il contagio crescerà, di quanto cresceranno i ricoveri e soprattutto quanto, in conseguenza di questo, avrà riflesso sulle altre patologie che necessitano della rianimazione perché, essendo tutto aperto rispetto al recente passato, ci sono anche più rischi: i politraumi, i pazienti con riacutizzazioni dell’influenza (che sono tanti), le vittime di incidenti stradali ecc. Una situazione con la quale ci siamo sempre dovuti confrontare in questa stagione. Ma tutti questi pazienti – ribadisce – troveranno un numero inferiore di letti disponibili, non solo perché occupati dai pazienti Covid ma anche perché una parte dei posti resta bloccata per i casi di infezione pandemica”, conclude Giarratano sottolineando: “Riteniamo che, seppure bisogna parlare ancora di contagio perché la pandemia non è finita, si continua a sottovalutare l’impatto che il Covid ha sul non Covid”.  

PRIMARIO OSPEDALE CATANZARO: “CAMBIARE PASSO PER VENIRNE FUORI” 

“Visti i numeri, c’è una certa preoccupazione. Fortunatamente l’aumento dei contagi riguarda i soggetti più giovani, che notoriamente vanno meno incontro al ricovero, e questo vale anche per i vaccinati. Però se non si cambia passo, se non si cambia mentalità, non ne veniamo più fuori”. Così all’AdnKronos il dottor Lucio Cosco, primario Malattie infettive dell’ospedale ‘Pugliese’ di Catanzaro. “Non so se passeremo un brutto Natale- osserva- spero di no, sicuramente non come quello dell’anno scorso. Ma ciò che mi preoccupa non è tanto come passeremo il Natale, mi interessa poco, a me interessano i malati e i morti”. “Io mi aspetto – conclude il dottor Cosco – che tutti quanti comincino a ragionare in maniera seria, vaccinandosi e usando sempre le solite precauzioni. Bisogna mettere la testa a posto, e allora non avremo problemi, altrimenti non possiamo prendercela con nessuno o lamentarci”.