DALLA LEOPOLDA L’ATTACCO DI RENZI

     

    Fino a quando le due anime del PD di cui parla Matteo Renzi,
    riusciranno a restare unite nello stesso partito? Fino a che punto la
    componente socialdemocratica, che si è ritrovata alla Leopolda, potrà
    sopportare gli attacchi della sinistra del partito? Quella sinistra
    che ha marciato per le strade di Roma, nel corteo della CGIL,
    schierandosi con la segretaria Camusso che da piazza San Giovanni ha
    sferrato un attacco durissimo proprio al Governo presieduto dal
    segretario del PD. Non è possibile prevedere quanto potra durare
    questa situazione da separati in casa, ma prima o poi si arriverà alla
    resa dei conti. Personaggi come Massimo Dalema, Rosy Bindi, Fassina,
    Cuperlo, Civati e via dicendo non riconoscono la leadership di Renzi,
    ne sul piano politico, ne su quello culturale ed identitario e non si
    rassegnano a farsi rottamare definitivamente insieme alla loro storia
    e alla loro tradizione. Una storia che nasce nel PCI e si è tradotta
    per vent’anni in una lotta senza quartiere a Silvio Berlusconi, ma che
    non è stata capace di esprimere una credibile capacità di governo del
    Paese. Questo è quello che dalla Leopolda Matteo Renzi ha rimproverato
    ancora una volta alla vecchia guardia del partito. ” Non vogliamo un
    partito di reduci -ha detto- di quelli che pensano di mettere il
    gettone nello smartphone, di quelli capaci soltanto di criticare, come
    quei pensionati che davanti ad un cantiere di lavori sono capaci di
    soltanto di scuotere la testa edire ’non ce la faranno mai’. Noi
    -afferma il segretario del PD- vogliamo un partito aperto a tutti e
    proiettato nel futuro, un futuro che comincia oggi, che ha un preciso
    obbiettivo: ridare fiducia agli italiani in se stessi e nell’Italia
    che può avere un grande ruolo in Europa e nel Mediterraneo in
    particolare. Parole dure e chiare, che lasciano poco spazio alle
    mediazioni e alla possibilità di ritrovare un’unità sostanziale del
    Partito democratico. A questo punto resta soltanto da vedere come e
    quando si consumerà la frattura definitiva. Molto dipenderà da quando
    nsi deciderà di andare al voto. E’ difficile immaginare però che in
    una tale condizione di precarietà politica si possa arrivare alla fine
    naturale della legislatura. Un qualunque voto a sorpresa, un banale
    incidente di percorso in parlamento potrebbe far precipitare la
    situazione e la parola passerebbe immediatamente agli elettori. Resta
    da vedere con quale sistema e con quale legge si andrebbe a votare e
    su questo la partita e tutta da giocare. una cosa è certa: se si
    voterà con l’attuale normativa, scaturita dalla sentenza della Corte
    Costituzionale, saranno avvantaggiati i piccoli partiti e, in parte
    Silvio Berlusconi, se invece passerà l’Italicum, Renzi potrebbe
    ottenere dalle urne un risultato tale da governare il Paese senza
    condizionamenti. Quello che accadrà, evidfentemente, sarà la
    conseguenza di un intreccio di interessi, ma molto dipenderà, come
    sempre, soprattutto dalle decisioni che verranno prese sul colle del
    Quirinale.