Dl fiscale. Di Maio e Salvini dissertano vertice

    Il decreto fiscale sta creando nuovi contrasti, stavolta interni allo stesso governo. Nella nuova seduta fissata oggi a Palazzo Chigi per discutere le modifiche da apportare alla manovra, mancheranno due illustri rappresentanti: i vice-premier Salvini e Di Maio. Il leader della Lega aveva manifestato già la sua volontà di non partecipare alla riunione odierna, mentre è notizia delle ultime ore l’assenza del ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, che esprimerà così il suo rifiuto al provvedimento. Alla seduta del dl fiscale prenderanno parte il primo ministro Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, i vice del Mef Garavaglia e Castelli, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. “Il decreto fiscale c’è oggi pomeriggio, la manovra di bilancio domani – ha puntualizzato Salvini, durante la sua partecipazione all’assemblea nazionale di Confimi Industria all’Autodromo di Monza – il nostro obiettivo è semplificare e pagare sempre di meno, ma ho ben chiari quali sono i nodi”. Il leader della Lega, riferendosi “agli amici del M5S” dice di saldare e buttare nel cestino “ le cartelle di Equitalia, per chi ha fatto la dichiarazione dei redditi ma non è riuscito a pagare tutto, è nel contratto di governo. E per me quello vale”. “Sono convinto – ha spiegato Salvini – che ci sia bisogno di un nuovo rapporto tra italiani e Equitalia. Gli evasori totali, quelli che non hanno mai compilato la dichiarazione dei redditi, per me devono marcire in galera fino alla fine dei loro giorni, ma l’artigiano, il piccolo imprenditore o il commerciante che è schiavo di una cartella da 40mila euro da una vita, deve poter tornare a vivere e quella cartella va stracciata. Ne sono straconvinto e questo c’è nel contratto di governo”. Al centro del braccio di ferro tra Di Maio e Salvini, viene spiegato da autorevoli fonti 5S, c’è infatti il capitolo della pace fiscale con il vicepremier e ministro del Lavoro deciso a chiedere un ’tetto’ come limite della possibilità, per ogni contribuente, di mettersi in regola. Non è tutto. Il M5S chiede a gran voce che la pace fiscale venga circoscritta a tutti quei cittadini che non hanno pagato le tasse dovute ma in ogni caso hanno segnalato in modo fedele il proprio debito al fisco, ovvero hanno effettuato correttamente tutte le dichiarazioni. Il ’nero’, per i grillini, deve essere lasciato fuori. Così Di Maio sarebbe ora impegnato al terzo piano della presidenza del Consiglio, per limare il pacchetto di misure sulle semplificazioni alle piccole imprese che vorrebbe entrasse nel dl fiscale, ma che starebbe trovando il muro della Lega. E anche questo è ulteriore motivo di scontro. Tanto più – il ragionamento che rimbalza da alcune ore nelle file 5 Stelle – che quando entri nel piano scivoloso del ‘non dichiarato’ può trovare spazio qualsiasi forma di condono, compreso lo scudo per chi detiene capitali all’estero. Ma se il Movimento punta i piedi sul capitolo fisco, dichiarandosi “irremovibile” sulla questione, i leghisti avrebbero dato l’altolà -raccontano fonti di governo M5S – a una norma imprescindibile per il Movimento, ovvero la cosiddetta misura Bramini (dal nome dell’imprenditore brianzolo fallito per un credito inevaso dallo Stato) per rendere impignorabile la prima casa. Oltre a fare muro su un pacchetto di misure per la ’sburocratizzazione’ realizzato e voluto da Di Maio in persona per favorire le piccole imprese.