ECONOMIA – DOPO TRE ANNI DI RECESSIONE QUALCOSA SI MUOVE, RIVELA IL RAPPORTO ANNUALE ISTAT, MA RESTA E PREOCCUPA L’ALLARME POVERTÀ

Si è vero: sul fronte economico qualcosa si muove, crescita ed investimenti stanno lentamente avendo la meglio su questi ultimi di recessione, ma la povertà è ancora una drammatica realtà nel Paese. E’ quanto si evince dal nuovo rapporto annuale Istat. Se nel 2015 l’indice di deprivazione economica nazionale si è stabilizzato all’11,5%, di contro però il Mezzogiorno presenta il triplo di famiglie povere rispetto al Nord Italia. E sul fronte economico incombe il rallentamento emerso nel primo trimestre del 2016 anche nel commercio estero, uno dei ’motori’ della nostra economia. Una ‘ripresina’, che offusca la contrazione degli ultimi tre anni, incentivata dalla spesa per consumi delle famiglie, cresciuta dello 0,9%, grazie all’incremento del potere d’acquisto, che ha beneficiato della dinamica positiva dei redditi nominali (+0,9%) e della sostanziale stabilità dei prezzi al consumo. Ma, come dicevamo, l’Istat non manca però di sottolineare il grave e persistente stato d’indigenza che attanaglia milioni di italiani. A guidare la triste situazione, le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione, in altra condizione professionale (diversa dai ritirati dal lavoro) o con occupazione part time. Speranze anche dai numeri che disegnano la disoccupazione: dopo sette anni di aumento ininterrotto, nel 2015 il numero dei senza lavoro è tornato a scendere anche in Italia. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto l’11,9% (-0,8 punti percentuali) e i disoccupati sono scesi a poco più di 3 milioni (-6,3%, -203 mila unità). In calo anche il tasso di mancata partecipazione (che comprende disoccupati e inattivi disponibili a lavorare), dal 22,9% del 2014 al 22,5%, però ancora molto sopra il livello medio Ue (12,7%). Sommando i disoccupati e le forze di lavoro potenziali, le persone che vorrebbero lavorare sono 6,5 milioni nel 2015. Sono invece più di 2,3 milioni nel 2015 i giovani di 15-29 anni non occupati e non in formazione (Neet), di cui tre su quattro vorrebbero lavorare. A preoccupare, e non poco, l’aumento dei nuclei ’jobless’, ossia quelli in cui nessuno è occupato, passate dal 10,0% del 2008 al 14,2% delle famiglie con almeno un componente di 15-64 anni e senza pensionati.

M.