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Emanuele Macaluso, il saluto di Testaccio, sua ultima casa

Di Giacomo Chiuchiolo 

La giornata di Emanuele Macaluso iniziava sempre alle sei del mattino. Usciva presto di casa, che da diversi anni era a Testaccio, a Roma, per comprare il pacco di quotidiani che leggeva con avida curiosità dopo la consueta passeggiata sul Lungotevere. Un rituale interrotto da un problema cardiaco, aggravato da una caduta, che lo ha costretto al ricovero all’ospedale Gemelli, dove stanotte è morto all’età di 96 anni.

Politico, sindacalista, giornalista e scrittore. Macaluso ha attraversato tutto il Novecento e ne ha scritto una pagina importante. A 18 anni firmò il primo pezzo sull’Unità, di cui poi divenne direttore, a 23 era già capo della Cgil siciliana, e a 28 leader dei deputati regionali del Partito Comunista Italiano, di cui è stato deputato e senatore per sette legislature. Stroncato, quasi come un segno del destino, alla vigilia del centesimo anno della nascita del partito.

Iniziò la sua avventura nel Pci con Palmiro Togliatti e divise la stanza della sede a via delle Botteghe Oscure con Enrico Berlinguer. Fino all’ultimo si è interessato alla politica con lucida passione, scrivendone sul suo profilo Facebook costantemente aggiornato grazie all’aiuto di un vecchio collega dell’Unità. Nutriva la sua curiosità con una serie quasi interminabile di quotidiani acquistati all’edicola di Piazza Santa Maria Liberatrice, a Testaccio, dove andava puntualmente ogni mattina, fin quando ha potuto.

“Qui nel rione lo conoscevano tutti – ci racconta l’edicolante di Testaccio – era una persona discreta e disponibile, di poche parole, genuina. Veniva tutte le mattine a comprare i giornali, almeno cinque, abitava a Testaccio da ormai più di vent’anni credo. È un duro colpo per noi, era molto stimato”.