Franceschini, elogio alle correnti

    C’è chi vuol portare il partito, o una sua più moderna versione, verso il campo di analisi e di ‘battaglia’ dei social e della sfera mediatica ancor più profondamente di quanto non sia adesso, sfidando così apertamente il Movimento 5 Stelle. E c’è invece si concentra sull’importanza di un elemento che da sempre ha fatto la storia della politica dei grandi movimenti nazionali, la corrente, per poter trarre da lì linfa di idee e di soluzioni programmatiche.
    Nel Pd c’è dunque una sintesi di come proprio le ‘correnti’ o le diversità possano ancora attualmente coesistere pur nella intenzione di una risoluzione condivisa di una crisi che ha indubbiamente interrotto il percorso di crescita del partito. Se Zingaretti punta alla rete, Franceschini attacca gli ‘attacchi’ alle correnti.

    Infatti l’ex ministro della Cultura Franceschini, afferma che “finirla con questa retorica che le correnti sono il male del partito: le correnti sono luoghi di confronto, sono utili e sono sintomo del pluralismo tipico di un grande partito”.
    Franceschini rivela: “Se con un minimo di generosità avessimo candidato Paolo Gentiloni a premier, le cose sarebbero andate diversamente. I delusi dal governo dei populisti non torneranno indietro se non li convinciamo. Non torniamo a quel fastidiosissimo senso di superiorità morale, che dà fastidio a pelle, é uno dei mali della sinistra”. E poi: “Sono finiti i popcorn, non si possono mangiare più. Avremmo potuto fare molto per evitare l’alleanza populista, invece abbiamo gettato M5S in braccio a Salvini. Ora dico al mio partito: ’Aspettiamo che cadano o lavoriamo perché cadano? Aspettiamo che esplodano le contraddizioni tra Lega e M5S o ci impegniamo per farle esplodere?”.
    Per l’ex ministro “si doveva fare di più per evitare la scissione”. Occorre un processo di rifondazione, quindi “congresso subito: devono partire le procedure e deve finire sufficientemente in tempo per preparare le Europee”. Che” saranno un referendum: Europa sì o Europa no?”. L’obiettivo del congresso è riorganizzare un partito largo, da Calenda a Lorenzin a Errani, con una vocazione maggioritaria.