GIAPPONE: ADDIO ALLA COSTITUZIONE PACIFISTA

Sayonara pacifismo. Il Giappone è pronto a rivoluzionarsi dando l’addio, dopo 70 anni dalla sua entrata in vigore, alla Costituzione che lo ha reso un caso quasi unico nel panorama mondiale. A partire da oggi, 29 marzo, entrerà infatti in vigore la legge sulla sicurezza militare che di fatto pone fine all’esperienza pacifista dell’Impero del Sol Levante.

«Il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia di un uso della forza per risolvere le dispute internazionali, […] i potenziali di forze terrestri, aeree o navali non saranno più mantenuti», recitava così il famoso articolo 9 della Costituzione nipponica del 1947. Così non sarà più. Grazie alla nuova misura, approvata lo scorso settembre nonostante le numerose contestazioni nelle piazze e da parte dell’opposizione, le forze di difesa potranno ora intervenire, oltre che nel caso di un attacco diretto nei confronti del Giappone, anche qualora a venir attaccati siano gli Stati Uniti o altri paesi alleati, se ciò dovesse costituire un pericolo per la nazione.

La legge è stata fortemente voluta dal primo ministro giapponese Shinzo Abe, il quale giustificò di fronte all’opinione pubblica la necessità di modificare la carta costituzionale per poter rispondere a quelli che sono i cambiamenti geopolitici in atto nel mondo, garantendo così la sicurezza dei cittadini nipponici e rinforzando l’alleanza con gli Stati Uniti. In realtà più che di riforma, il premier parlò di un cambiamento nell’interpretazione della Costituzione. Un semplice cambio di prospettiva che trova motivazione in tre fattori principali: il bisogno di fermare le mire espansionistiche della Cina, l’atteggiamento considerato troppo aggressivo della Corea del Nord (la nazione che non più tardi di tre giorni fa ha pubblicato un video propagandistico nel quale si vede un missile nucleare distruggere la capitale statunitense Washington), e, ultimo ma non meno importante, il pericolo crescente del terrorismo internazionale. Proprio quest’ultimo ha costituito una spinta importante, rinfocolando un dibattitto su un possibile emendamento costituzionale per la verità già in atto dal 2007, dopo l’uccisione di un giornalista e di un contractor giapponesi per mano dell’Isis.

Cambia quindi radicalmente la situazione militare giapponese. La nazione nipponica è stata fino ad ora composta dal corpo delle Forze di autodifesa (JSDF o Jieitai in lingua giapponese), istituito proprio alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la cui funzione era prettamente “passiva” e perciò autorizzato a intervenire solo qualora il Giappone fosse stato attaccato. Dopo l’11 settembre 2001 i suoi compiti sono iniziati a cambiare, sempre però nel rispetto del pacifismo. La legge antiterrorismo di quell’anno ritagliò un nuovo ruolo al JSDF, prevedendo la possibilità che venissero inviate unità in supporto agli USA o ad altri alleati. Un supporto che si limitava alla logistica, come trasporto di munizioni, supporto medico, ricerca e salvataggio, trasporto e distribuzione di aiuti umanitari e opere di ricostruzione di infrastrutture. Ora le forze armate avranno un atteggiamento che gli stessi promotori della legge hanno definito “più attivo”.

Nonostante tutto, le critiche al primo ministro Abe non sembrano destinate a fermarsi, dato che gran parte della popolazione giapponese resta fortemente contraria al nuovo ruolo che il Giappone si appresta a giocare nello scenario mondiale. Lo confermano recenti sondaggi, tra cui quello dell’agenzia di stampa nipponica Kyodo News. Da quest’ultimo è emerso come il 49.9% degli intervistati fosse contrario alla nuova legge, a fronte di un 39% di favorevoli.

Luca Crosti