Home ATTUALITÀ Green pass obbligatorio, portuali e camionisti: “Così Italia si blocca”

    Green pass obbligatorio, portuali e camionisti: “Così Italia si blocca”

    Il Green pass diventa obbligatorio sul lavoro in Italia domani, 15 ottobre, per dipendenti pubblici e privati. Alla vigilia dell’entrata in vigore dell’obbligo, riflettori puntati sui porti e sui trasporti, per le conseguenze che la giornata di domani potrebbe avere sull’attività ordinaria. 

    Da Trieste, ‘perno’ mediatico del sistema portuale in queste ore, arriva il messaggio perentorio di Stefano Puzzer, portavoce dei portuali locali: “Blocchiamo tutto, il governo deve rendersi conto. Stanno perdendo il contatto con la realtà”, dice a Non è l’arena, su La7, ribadendo il no al Green pass e scartando la soluzione di tamponi gratuiti per i lavoratori. La situazione appare più fluida in altri porti italiani. 

    “Abbiamo parlato con i colleghi degli altri porti, si vedrà venerdì. Noi abbiamo chiesto un appuntamento al prefetto, speriamo che il governo cancelli il decreto. Io sono vaccinato, ma non posso accettare di lavorare tranquillamente mentre miei fratelli, che hanno condiviso questi due anni con me, debbano stare a casa”, aggiunge Puzzer. “Il porto di Trieste lavora al 90% con l’export: vogliamo vedere cosa dicono gli armatori europei quando vedono che le loro merci vengono bloccate per un decreto adottato solo in Italia”. E se non ci sarà nessuna modifica alle norme? “Andremo avanti fino a quando non verrà tolto il Green pass. Non lo stiamo facendo solo per i portuali, lo facciamo per tutti gli italiani”. 

    A Genova, dove alcune aziende sono pronte a farsi carico del costo dei tamponi, i portuali non vaccinati sarebbero il 20% del totale. “Siamo assolutamente contrari a come si sta gestendo la questione green pass e tamponi. Se lo Stato ritiene che il vaccino debba essere obbligatorio, che lo renda tale, assumendosi le proprie responsabilità e senza delegarle ai lavoratori, tra i quali c’è tanto timore. Che si trovino altre soluzioni. In Italia ci sono 12 vaccini obbligatori; 13 non farebbero la differenza”, dice all’Adnkronos Josè Nivoi, portavoce Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp) e dirigente sindacale Usb del porto di Genova. 

    “In Italia, secondo la legge 81/2008 che riordina tutte le norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, tutto quello che li riguarda deve essere a carico dell’azienda per cui lavorano. Noi vogliamo che ogni dipendente abbia la possibilità di fare un tampone prima di entrare all’area portuale, per questione di maggiore sicurezza; una sicurezza che solo il tampone può dare e non il green pass. E questi tamponi devono essere pagati dall’azienda perché non è giusto che un lavoratore debba perdere metà del suo stipendio per queste ragioni. Vero è che se ti fai il vaccino hai meno probabilità di morire ma il green pass non è sinonimo di sicurezza”, aggiunge. 

    Più a sud, nei porti di Napoli, Castellammare di Stabia e Salerno pare bassissimo, se non del tutto assente, il rischio che l’introduzione del green pass obbligatorio possa causare un blocco delle attività. Il numero dei lavoratori portuali non vaccinati nei tre porti afferenti l’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centrale è stimato tra il 10 e il 20%, numeri che non preoccupano a differenza di quanto avviene in altre realtà italiane. “Stiamo lavorando perché l’eventuale momento di protesta sia ridotto il più possibile”, spiega all’Adnkronos il presidente dell’Adsp Mar Tirreno Centrale Andrea Annunziata. 

    “Al momento direi che non ci sono particolari segnali di tensione, in maniera assoluta. Sinceramente non avrei motivo di prevedere dei problemi. A livello sindacale non sto registrando nessun tipo di tensione, o almeno per adesso non mi è stato comunicato nulla che mi faccia pensare questo”, dice all’AdnKronos Antonio Davide Testi, amministratore delegato di Mct, Medcenter Contaner Terminal, società che gestisce il terminal portuale di Gioia Tauro. 

    “Non abbiamo nessuna indicazione su reazioni e scioperi da parte dei lavoratori o sul rischio di merci ferme o blocco rifornimenti – aggiunge -, poi vediamo anche come si esprime il governo, se ha finito di esprimersi o se si deve ancora esprimere, perché qui ogni sei ore arrivano degli adeguamenti alle cose che scrivono. Vediamo! Però come parte datoriale dai lavoratori non abbiamo nessun segnale concreto di problemi” 

    Il rischio di uno stop alle attività coinvolge anche il trasporto su gomma. “Quando avevamo oltre 900 morti al giorno e un tasso di positività del 4,6% trovammo una soluzione per non bloccare i trasporti: se ha funzionato allora, perché oggi i trasportatori dovrebbero essere portatori del virus ed essere obbligati ad usare il Green pass?”, chiede Paolo Uggè, presidente di Conftrasporto-Confcommercio, a Rainews 24. “Il 30% dei conducenti di mezzi pesanti viene da paesi europei dove non c’è il Green pass. Non si può fissare una data, magari il 31 dicembre, entro cui il vaccino va fatto obbligatoriamente?”.  

    Il rischio è creare “danni all’economia. Noi chiediamo di applicare il protocollo sottoscritto tra ministero, associazioni di categoria e rappresentanti dei lavoratori. Lo chiediamo per coloro che non hanno fatto ancora il vaccino. Invitiamo tutti i trasportatori a fare il vaccino, ma se il protocollo ha funzionato quando la pandemia era molto forte, perché non dovrebbe funzionare oggi? I dati dimostrano che era valido, perché dovremmo creare le condizioni per mettere a rischio l’economia? Credo che si possa trovare un accordo tra le imprese, molte hanno mostrato disponibilità a sostenere il costo” dei tamponi.  

    Se si ferma l’autotrasporto si ferma il paese? “Esatto. Non è possibile pensare di sostituire il trasporto su gomma con le altre modalità. C’è il rischio di iniziative spontanee e violente? Il rischio c’è, noi facciamo di tutto perché questo non avvenga, mobilitiamo i nostri rappresentanti perché spieghino che con la violenza non si risolve niente. Occorre però, da parte di chi governa il paese, più ascolto, più umiltà e più capacità di comprendere i problemi reali”. 

    Se la catena si inceppa, cosa succede? “Se non si troveranno soluzioni condivise sull’obbligo del Green pass, gli effetti sul sistema della logistica saranno tali che l’ipotesi che gli scaffali dei supermercati restino vuoti e che le imprese restino senza materie prime e semilavorati non è remota, è uno scenario possibile” nelle prossime settimane, dice Umberto Ruggerone, presidente di Assologistica, la realtà associativa delle imprese di logistica, dei magazzini generali e frigoriferi, dei terminalisti portuali, interportuali ed aeroportuali, lancia l’allarme sulle possibili ripercussioni dell’obbligo di green pass per i lavoratori privati dal 15 ottobre sul comparto della logistica. E Ruggerone, ad Adnkronos/Labitalia, ricorda “che la logistica in questi 18 mesi di pandemia non è mai fermata, le imprese hanno resistito a un aumento dei costi impressionante, basti pensare al +600% del costo dei noli portuali”, conclude.