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‘Hammamet’, Craxi: “l’elemento romanzato prevale su quello politico”

Onestamente, ‘avventurarsi’ in un film politico, ripercorrere nella fattispecie pensieri e tormenti di uno ‘statista’ (termine che oggi a vederlo scritto impressiona), condannato a pagare personalmente per restituire dignità ad un’intera classe politica da sfascio, non è una passeggiata, Anzi. Occore una sensibilità umana ed una capacità analitico-intelettuale che, senza offendere nessuno, non è poi così facile da riscontrare nel panorama cinematografico attuale. Oltretutto, se già in quel limitato minutaggio nel quale si pretende di raccontare un preciso e delicato momento storico del Paese, ci si affida anche alla libera divagazione personale, è ovvio che il ‘prodotto’ finale in qualche modo finisca per peccare. Poco male, grazie agli attori giusti, le musiche coinvolgenti e magari anche qualche ammiccamento, al di là della ‘mission iniziale’ la pellicola può ugualmente ambire a un meritato successo. Tanto, fra quanti andranno a vederlo, a chi interessa sapere quale sia e, soprattutto, dove si trova la verità?

Bobo: “alcuni fatti non sono veritieri”

Ed infatti,, seppure ‘alla fine’ ne parla bene, il primo ad esser stato deluso da ‘Hammamet’ del regista Gianni d’Amelio, è proprio il figlio di Bettino Craxi: Bobo. “C’è un elemento di libertà dell’artista che non può essere sindacato da nessuno – spiega il figlio di Craxi – Credo che Amelio avesse in mente la stessa operazione che fece Carlo Lizzani sugli ultimi giorni di Mussolini. Ricordo che mio padre mi portò a vederlo, ero bambino, mi fece grande impressione perché si apre con l’immagine del vilipendio del cadavere del Duce”. Tuttavia, rivela Bobo, “inizialmente ho avuto uno scazzo con Amelio e la produzione, perché l’elemento romanzato prevale su quello politico. Mentre scorrevano le immagini mi dicevo continuamente ‘ma Bettino non parlava così’. Oppure mi arrabbiavo per certi fatti non veritieri”.

“Mio padre, spazzato via dal golpismo giudiziario”

Quanto poi il tema relativo al post-tangentopoli (per altro ancora oggi attivissima), Craxi Jr commenta che “non sono state analizzate le ragioni profonde su cosa accadde in Italia dopo la fine della Guerra fredda. Bisognava ristabilire un nuovo ordine, in economia e in politica. E mio padre si rifiutò di guidare una rivolta nazional-capitalistica del sistema, perché come disse in un famoso discorso al congresso socialista di Bari, citando Ugo La Malfa: ‘Io sono un uomo del sistema’. Allo stesso tempo il nuovo ordine mondiale non poteva più tollerare eccessivi elementi di autonomia nazionale. E siccome non erano più tempi di golpismo militare – prosegue Bobo – si scelse l’arma del golpismo giudiziario o della purificazione morale”.
Infine, doveroso, sull’interpretazione del sempre bravo Pierfrancesco Favino, Craxi jr riconosce che “…in certe pose è in stato di grazia”.
Max

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Di
Max Tamanti