Il Governo valuta di rivedere il deficit nei prossimi anni, lo spread in lieve calo

    Il governo sta ripensando la manovra e risolleva i BTP, anche se il recupero dello spread si indebolisce durante la sessione. Il differenziale di rendimento con il Bund tedesco a 10 anni è diminuito drasticamente all’inizio della giornata, scendendo a quasi 280 da oltre 300 punti nella chiusura della scorsa notte. Ma dopo poche ore è già tornato nella zona 295 punti. Il BTP decennale, dopo il raffreddamento della prima mattina, ritorna comunque al 3,4%.

    In un vertice la scorsa notte i rappresentanti della maggioranza della Lega e del M5S hanno tenuto fermo l’obiettivo di portare il rapporto deficit / PIL al 2,4% per il 2019. Ma di fronte alle pressioni di Bruxelles, hanno anche inviato con durezza al mittente dichiarazioni ufficiali, e la tensione sui mercati finanziari ha maturato la possibilità di indicare un rapporto di calo del 2,2 e del 2% nei due anni successivi, a fronte di un annuncio iniziale (dopo il CDM dello scorso anno) di mantenere il 2,4% per l’intero periodo. Di Maio oggi ha assicurato l’Assemblea: “Il deficit sarà certamente del 2,4% quest’anno, poi vedremo”.
    D’altra parte, il conto di questo flare di rendimenti del BTP è pesante: secondo i calcoli dell’Osservatorio sui conti pubblici guidati da Carlo Cottarelli, in gioco ci sono quasi 1 miliardo di costi di interesse in più quest’anno e 6 miliardi in seguito. Una parte significativa del margine di manovra ad alto prezzo con l’UE, allentando i vincoli di bilancio, potrebbe essere erosa da questa voce. E per di più, a livello internazionale c’è il rischio di rovesciare il tavolo.

    Se fino ad ora l’abbandono dell’euro è sembrato una minaccia, scenario agitato da alcuni in Italia, gli investitori internazionali si stanno chiedendo se non può accadere il contrario. Sandra Holdsworth di Kames Capital si è meravigliata in un commento scritto ieri agli investitori alla luce di quello che ci è successo: “Il programma governativo non prevede che l’Italia abbandoni la moneta unica, questa è la dichiarazione di Claudio Borghi, Presidente della Commissione Bilancio della Camera. Probabilmente Borghi ha fatto questa affermazione nel tentativo di rassicurare il mercato, anche se questo non sembra aver funzionato a pieno. La domanda, a questo punto, potrebbe essere: ’L’euro lascerà l’Italia?’ “.

    Piazza Affari è ripartita rapidamente, ma anche in questo caso la ripresa è svanita: a metà mattinata il Ftse Mib ha guadagnato lo 0,23%, con le banche positive. Londra aumenta dello 0,26% come Parigi, mentre Francoforte è chiusa per ferie.

    La moneta unica, per il momento, si rafforza con le notizie provenienti da Roma: passa a mani a 1.153 dollari contro il valore di 1.1551 ieri dopo la chiusura di Wall street. Contro lo Yen, l’euro è apprezzato a 131,84. Dal punto di vista macroeconomico, va rilevato che l’ISTAT ha confermato la crescita del secondo trimestre allo 0,2%, mentre ha recuperato il potere d’acquisto delle famiglie. Nell’Eurozona, le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,2% in agosto e il surplus delle partite correnti europee è sceso a 62 miliardi nel secondo trimestre. Infine, l’indice del servizio PMI, che anticipa le prestazioni del settore, è aumentato: è aumentato a 54,7 punti in settembre, ben al di sopra del 50 che segna l’espansione economica.