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Il pentito: “Nel mirino avevamo, Costanzo, Baudo, Santoro e Biagi”

“Nel febbraio del 1992, prima della strage di Capaci, Matteo Messina Denaro con alcuni ‘picciotti’ di Cosa nostra si era trasferito per nove giorni a Roma, per fare pedinare Maurizio Costanzo, per poi farlo saltare in aria“. Poi in effetti l’attentato ebbe luogo, ma un anno dopo, il 14 maggio 1993. Dunque non si trattò di ‘un avvertimento’, secondo i piani Maurizio Costanzo e Maria De Filippi sarebbero dovuti morire. La loro fortuna fu che il loro autista abituale non si era sentito bene, e fu quindi sostituito da un altro che, al posto della solita 164, si presentò invece con una Mercedes. Questo bastò ad ingannare i sicari i quali, realizzarono in ritardo il cambio auto e innescarono l’esplosione con ritardo.

Ma come vedremo, Falcone in testa, erano tantissimi i personaggi in vista entrati nel mirino di Cosa Nostra. A rivelarlo, da una località protetta in videoconferenza, è Francesco Geraci, chiamato a testimoniare dalla Corte d’assise d’Appello di Caltanissetta, nell’ambito del processo Capaci-bis. Il collaboratore di giustizia ha infatti rivelato che Maurizio Costanzo era finito nella ‘black list’ a causa delle varie iniziative che aveva organizzato o promosso contro la mafia. A tal proposito ancora oggi è rimasta famosa la ‘maratona’ televisiva del settembre 1991, quando Costanzo e Santoro (anch’egli nella ‘lista’), commemorarono a reti unificate l’imprenditore Libero Grassi, assassinato perché rifiutatosi di pagare il ‘pizzo’.

“C’era una lista di persona da uccidere, ma cercavamo anche Pippo Baudo ed Enzo Biagi”, ha poi aggiunto Francesco Geraci, che ha spiegato, “Cercavamo anche Falcone che andava al Ministero. Avevamo compiti differenti io e Vincenzo Sinacori. Andammo a Palermo, con Matteo Messina Denaro, ad una riunione, alla quale non mi fecero prendere parte, credo perché non contavo niente. C’erano Matteo Messina Denaro, Renzo Tinnirello, i fratelli Graviano, Enzo Sinacori, Salvatore Biondo, e lì si è deciso che si doveva andare a Roma. Nella Capitale eravamo io Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Renzo Tinnirello, Enzo Sinacori, e un’altra persona. Mi portarono a Roma perché avevo la carta di credito. E lì presi una macchina a noleggio”.
Quindi Geraci ha aggiunto che lui ed i suoi ‘amici’ in missione nella Capitale, erano stati finanziati da Matteo Messina Denaro, che diede loro “cinque milioni di vecchie lire a testa. Matteo Messina Denaro era con Renzo Tinnirello, e cercavano dei giornalisti”.
A quanto pare la ‘lista’ era lunga e prestigiosa: i killer avrebbero infatti dovuto tacitare per sempre, Giovanni Falcone, Maurizio Costanzo, Andrea Barbato, Michele Santori e Pippo Baudo.
Max

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Max Tamanti