Immunita’, e’ polemica nel Pd. Finocchiaro, “sono disgustata”

    E’ polemica all’interno del Partito Democratico sull’ipotesi di confermare l’immunita’ parlamentare nel nuovo Senato. La Presidente della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, chiarisce: “Se attribuisci a una Camera delle funzioni sulle politiche pubbliche, cosi’ com’e’ nella riforma emendata, non ci puo’ essere disparita’ con l’altro ramo del Parlamento. E non lo dico io, lo dicono tutti i costituzionalisti. Stamattina in televisione per esempio l’ho sentito affermare con precisione dal professor Ainis. Cio’ detto i relatori non scrivono gli emendamenti di testa loro. Raccolgono le indicazioni che emergono nel dibattito e hanno il dovere di valutarle quando scrivono le loro proposte. Ma se mi chiede come la penso io, allora le rispondo: la Finocchiaro pensa che l’immunita’ non va bene cosi’ neanche per i deputati”. Cosi’ Anna Finocchiaro, presidente della commissione “Avevo proposto che a decidere sulle autorizzazioni all’arresto e alle intercettazioni dovesse essere una sezione della Corte costituzionale e non il Parlamento. Valeva sia per il Senato sia per la Camera. E l’ho scritto in un emendamento”. Poi l’emendamento “e’ sparito dal testo perche’ il governo ritiene che non si debba appesantire il lavoro della Corte costituzionale”. “Ora non so che fara’ il governo . Ma so che l’esecutivo ha vistato due volte i nostri emendamenti, compreso quello sull’immunita’. Conosceva il testo, sapeva tutto. ha fatto una scelta”.
      Poi la Finocchiaro torna nel merito della questione: “I senatori avranno funzioni di controllo che vanno difese dalla limitazione della liberta’. I costituzionalisti sono d’accordo su questo punto. Come lo sono i partiti, da Forza Italia al Pd, alla Lega, all’Ncd e anche M5S. E noi abbiamo raccolto i loro pareri. Io pero’ penso che l’articolo 68 non deve coprire gli atti svolti da sindaco o da consigliere regionale. Per quei fatti l’autorizzazione a procedere non dovrebbe essere necessaria. Fermo restando che la mia proposta e’ un’altra: rimettere il tema dell’immunita’ alla Consulta. Ma il governo mi ha risposto di no, motivandolo con la necessita’ di non pesare troppo sui giudici costituzionali. Percio’ mi chiedo: cosa vogliono da me?”.
      “Ora sto pensando di proporre addirittura un emendamento al mio emendamento per far passare l’idea del rinvio alla Corte.
      Sono favorevole anche a uno scudo valido solo per le espressioni e i voti dati in aula. Rispondero’ cosi’ a questo fastidioso scaricabarile su di me. Pero’ e’ incredibile che tutto si riduca all’immunita’. Abbiamo fatto un lavoro pazzesco tutti insieme. Ne e’ venuto fuori un Senato vero ma innovativo.
      Non puo’ rimanere solo la vicenda dell’immunita’”. Stefano Bonaccini, altro esponente del Pd, questa mattina ad Agora’, ha spiegato: “Siamo di fronte al possibile approdo di una riforma storica, con il taglio di oltre 300 parlamentari, il superamento del bicameralismo perfetto, con una sola camera che fara’ le leggi, abbassando i tempi e rispondendo alle esigenze dei cittadini normali. Se Renzi ha preso il 41%, al contrario di quanto e’ avvenuto nei paesi del resto d’Europa, e’ perche’ le cose le fa”. Lo ha detto Stefano Bonaccini, Pd, questa mattina ad Agora’, su Rai Tre. “Quanto all’immunita’: Renzi in quanto premier non gode dell’immunita’, se voleva un vantaggio poteva proporre che l’immunita’ coprisse anche lui. Non vorrei che si perdesse di vista la portata storica di questa riforma, per un paese che funzioni meglio, che abbia tempi di decisione piu’ rapidi. Se si vuole ridiscutere di immunita’, facciamolo. Se si vuole togliere l’immunita’, togliamola. Quella non era la proposta del governo”. Sul blog di Beppe Grillo, parlando delle riforme, in un post a firma Paolo Becchi, docente universitario vicino al M5s, in passato considerato tra gli ideologi del Movimento, si legge: “Dopo la mossa di Grillo sulle riforme, Renzi e’ frettolosamente salito al Colle per consultarsi con il Capo dello Stato. A Re Giorgio, che pareva essersi defilato dopo aver imposto la soluzione definitiva alla sua politica delle ’larghe intese’ (il patto Berlusconi-Renzi), resta sempre l’ultima parola, la decisione del sovrano. Cosi’ accadra’ sulle riforme, e cosi’ e’ accaduto nei giorni scorsi nella vicenda che ha riguardato il CSM, l’organo di garanzia della autonomia e indipendenza della magistratura ordinaria che egli presiede”.