IN ATTESA DI MISURE DEFINITIVE DAL 2 SETTEMBRE IL GOVERNO AIUTERÀ LE FAMIGLIE IN CONDIZIONI DI POVERTÀ ASSOLUTA CON 400 EURO AL MESE PER NUCLEO

Nell’ambito della lotta alla povertà ‘qualcosa si muove’. La Gazzetta Ufficiale ieri ha annunciato che dal 2 settembre apriranno i termini per la presentazione della domanda di accesso al Sia (sostegno all’inclusione attiva), che per quanti in possesso di determinati requisiti, e disponibili a seguire progetti sociali e lavorativi personalizzati, eroga un ’assegno’ medio di 320 euro al mese, tetto massimo 400 euro, a nucleo familiare per un anno. Come spiegato in conferenza stampa da Giuliano Poletti, ministro del lavoro, si tratta di “una misura ponte” anti-povertà, aspettando che l’iter parlamentare  attuativo si completi nell’ambito della legge delega di contrasto alla povertà, licenziata dalla Camera, attraverso la quale il governo intende disegnare “una lotta permanente e strutturale”. Il budget messo a disposizione dalla Sia è di circa di 750 milioni di euro ma l’obiettivo, spiega ancora Poletti, è ambizioso: raddoppiare la cifra nel 2017 e portare dal 40% del 2016 al 100% la tutela dei minori in condizione dipovertà assoluta(oggi circa 1 milione). I ‘requisiti’ prevedono famiglie con almeno un minore o un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza con un Isee di 3mila euro. Il punteggio che dà l’accesso all’assegno ovviamente cresce con l’aumentare dei figli o se il nucleo è monogenitoriale. Tra le altre condizioni, e questo non mancherà di sollevare polemiche, anche quelle di risiedere in Italia da almeno 2 anni, di non avere lavoro o altri redditi che superino i 600 euro al mese, di non possedere un auto nuova. Ulteriori requisiti che in qualche modo andranno ad alimentare le migliaia di extracomunitari che lavorano in nero e che sono in Italia ‘soltanto’ da 2 anni. Come dicevamo, chi riceverà il sostegno dovrà obbligatoriamente seguire un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa che viene costruito insieme al nucleo familiare per migliorare le competenze e potenziare l’occupabilità dei soggetti coinvolti. Senza questo impegno o a fronte di una ripetuta violazione del patto o di comportamenti inconciliabili con gli obiettivi, i Comuni possono stabilire la revoca o l’esclusione dal beneficio.