In Italia aumenta la spesa solidale

    178 empori per la spesa solidale si sono diffusi in tutta Italia (diciannove regioni su venti, trecento comuni coinvolti). Altri venti hanno messo in ordine le carte e inizieranno nel 2019. Il primo è nato a Genova, nel 1997, e nelle ultime tre stagioni 102 sono state inaugurate, più della metà. Il successo degli empori per combattere la povertà è la dimostrazione che, in una fase storica di chiusura pubblica alla solidarietà, esiste un sistema silenzioso e resiliente che organizza luoghi di aiuto materiale per i bisognosi.

    Gli empori per la spesa solidale hanno intenzionalmente il volto – scelta etica e stilistica – di un mercato, spesso mini. All’interno, questa è la novità, la spesa dei consumatori è gratuita. La varietà di prodotti in distribuzione e ampia. Pacchetti di alimenti non deperibili, cibi freschi e cotti, surgelati, frutta e verdura. Cibo per neonato. Prodotti per l’igiene, la cura della persona e l’assistenza domiciliare. Vestiti, prodotti farmaceutici, piccoli arredi, persino cibo per animali. Quindi giocattoli, articoli per la scuola e articoli di cancelleria.

    I gestori dell’emporio – sono le associazioni di volontariato, la Caritas e altri gruppi ecclesiastici, le cooperative sociali, nel tre percento dei casi gli enti pubblici – verificano lo stato sociale di chi richiede, controlla l’Isee e l’Irpef, avviano un colloquio personale e alla fine del viaggio consegnano alla persona che ne ha bisogno una carta (elettronica o manuale) con punti da salire.

    Come ci dice il primo rapporto di Caritas Italiana e CsvNet (l’associazione dei centri di volontariato), gli empori della spesa solidale devono avere quattro caratteristiche precise: l’aspetto e il funzionamento simili ai negozi, la libera distribuzione delle necessità di base (resi disponibili da donazioni o acquisti) tra i quali i beneficiari possono scegliere liberamente in base alle esigenze e ai gusti, devono essere in rete con altre realtà del territorio per la fornitura e proporre all’interno, insieme a supporto materiale, servizi di inclusione, socializzazione, formazione. Terapie familiari o consulenza legale, educazione alimentare e gestione del budget. Corsi di cucina con avanzi, controllo del risparmio energetico, ancora piccoli mestieri, riparazioni, cucito, fai-da-te.

    Gli empori di spesa solidale sono aperti due, tre volte a settimana, raramente il sabato. Nei primi venti anni di attività – 1997-2017 – hanno servito 99 mila famiglie e 325 mila persone, un quarto delle quali sotto i 15 anni. Il 44% dei clienti erano stranieri e ciò è inevitabile data la composizione sociale della povertà nel nostro paese. Il servizio è stato garantito da 5.200 volontari e 178 persone regolarmente pagate.

    Il rapporto della Caritas recita: “Gli emporio sono una forma avanzata di aiuto alle famiglie che vivono in situazioni di povertà temporanea, spesso sono un’evoluzione della tradizionale e ancora molto diffusa distribuzione delle borse di studio-spesa”. Il passaggio “situazioni temporanee di povertà” è interessante. E infatti, tre quarti degli empori pongono un limite di tempo di accesso, rinnovabile per una volta: il progetto è quello di far ripartire una persona in crisi sul lavoro, un nuovo reddito.

    La diffusione dell’esperienza maturata nel 2008, con l’apertura dei caritas empori a Roma, Prato e Pescara. Nella capitale, la vendita della solidarietà è sempre stata all’interno della “Cittadella della Carità Santa Giacinta”, a Ponte Casilino. In questo caso è stato aperto un vero supermercato di medie dimensioni: 500 metri quadrati, casse automatiche, carrelli, scaffali, insegne.

    Sono più di dodicimila, e sono principalmente supermercati e piccola distribuzione alimentare, aziende che collaborano direttamente con gli empori. Da qui arriva il più grande volume di merci che sarà reso disponibile sugli scaffali. Don Francesco Soddu della Caritas italiana e il presidente di Csvnet, Stefano Tabò, spiegano il successo di questa formula di benessere per i poveri: “L’emporio ha messo in dubbio pratiche consolidate di aiuto materiale: il protagonista è sempre un volontario che sa costantemente come cambiare e adattarsi ed empori non sono solo benefici, ma anche rigorosi e competenti: nel processo di accesso, nei sistemi di punteggio, nella definizione di patti per accompagnare le persone “. Non più e non solo assistenza materiale pura. Al contrario, empori offrono proposte di laboratori, percorsi formativi e culturali. Alla fine diventerà filiali di centri per l’impiego.