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    Inter, lo scudetto di Antonio Conte

    La firma di Antonio Conte sullo scudetto della rinascita. Dopo 11 anni, dall’indimenticata stagione del triplete, l’Inter torna vincere lo scudetto. Dopo aver visto festeggiare i rivali storici del Milan, l’anno successivo, e della Juventus per ben nove anni di fila i nerazzurri tornano a guardare tutti dall’alto in basso in Italia. La stagione di Lukaku e compagni, iniziata in malo modo con la sconfitta nel derby e proseguita peggio, con la prematura eliminazione dalla Champions League, cambia marcia a gennaio grazie alla vittoria per 2-0 contro la Juventus, un successo ancor più netto di quanto dica il punteggio e che dà nuova linfa ad una squadra che fino a quel momento stava ripetendo gli alti e bassi che hanno contraddistinto il decennio precedente. 

    L’Inter deve le sue fortune in gran parte al tecnico. Antonio Conte infatti ha avuto il grande merito di cambiare la mentalità di una squadra ormai non più abituata a vincere. Lo dimostrano le 13 vittorie nel girone di ritorno, che hanno restituito l’immagine di un Inter che sa di Juve, la “sua”. Solidità e cinismo, che si giochi bene o male poco importa, conta il risultato. “Abbiamo un obiettivo e faremo di tutto per raggiungerlo. Lascerò un Inter migliore di quella che ho trovato”, parole, quelle di Conte, che risuonano come un monito ai microfoni dei giornalisti. 

    “Identità” è la parola scelta per definire la sua nuova Inter. Identità che parte dall’evoluzione tattica che il tecnico ha attuato nel corso della stagione, partendo dal reparto difensivo: la sicurezza di Samir Handanovic che tralasciando i recenti strafalcioni si è reso protagonista di interventi determinanti per l’impresa nerazzurra (partita di andata contro il Napoli su tutte a cui si aggiungono 13 gare senza subire gol), l’esperienza di De Vrij posizionato nel vertice basso della difesa a tre e a cui spetta iniziare la manovra offensiva, la trasformazione di Milan Skriniar, irriconoscibile ad inizio stagione, diventato poi perno del muro difensivo interista e il rilancio del giovanissimo Bastoni (giocatore che Conte ha voluto a tutti i costi in prima squadra e per il quale ha lasciato partire Diego Godin), che si sta facendo valere. 

    Il passo successivo è stato rinunciare ad un trequartista vero e proprio inserendone uno non di ruolo come Barella (che a soli 24 anni sembra essere già un giocatore pronto calcisticamente), a tutti gli effetti il motore della squadra con 11,056 km percorsi a partita, secondo solo a Brozovich (primo in nella massima serie con 13 Km a percorsi a partita) o Eriksen, vero e proprio oggetto del mistero ad inizio stagione, ad un passo dalla cessione a gennaio e ora giocatore fondamentale. Tutto questo senza comunque disfare il suo fidato 3-5-2. Questa è stata la chiave per dare ampiezza alla squadra puntando poi sulla velocità di Perisic e soprattutto Hakimi. L’esterno marocchino è stato fondamentale in molti successi dell’Inter, instancabile e tecnico, in pratica il giocatore ideale. Queste modifiche, nel corso della stagione, hanno permesso il cambiamento sostanziale del gioco dell’Inter che ora si affida molto meno al lancio in profondità, palleggiando molto di più nella propria metà campo. 

    Nonostante il radicale cambio tattico, l’Inter non ha comunque perso efficacia in fase offensiva: i nerazzurri sono infatti la squadra che in Serie A, produce più occasioni. La carriera di allenatore di Conte insegna che il tecnico abbia bisogno di due terminali offensivi dominanti, in grado di far salire la squadra ma anche di sganciarsi dando profondità quando la situazione lo richiede. 

    Romelu Lukaku è l’attaccante ideale per Conte, e l’uomo in più dell’Inter in questa stagione. Lo testimoniano i 21 gol (secondo nella classifica marcatori dietro a Cr7 fermo a 25). Ma anche il belga deve le sue fortune al tecnico italiano che, a differenza di Mourinho a Manchester, ha capito che Lukaku rende meglio se lasciato libero di puntare l’avversario in campo aperto e non spalle alla porta, lavoro che Conte lascia fare a Lautaro (anche lui determinante con i suoi 15 gol e 5 assist). C’è chi ancora sostiene che i 12 milioni di euro dello stipendio di Antonio Conte siano buttati, ma la verità è che ora, il tecnico italiano ha un’Inter migliore di quella che ha trovato.