ISIS, IN UN DOCUMENTO LE LINEE GUIDA PER COSTRUIRE LO STATO ISLAMICO

    1isis-flagLa costruzione di un vero e proprio Stato islamico, obiettivo dell’ISIS, non passa solo attraverso propaganda e attentati, ma prevede la realizzazione di una struttura amministrativa, di una burocrazia e la regolamentazione dei settori chiave per la vita di qualsiasi Paese. A rivelarlo è un documento pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.

    Principi di amministrazione dello Stato islamico è il titolo del progetto redatto in lingua araba di cui il Guardian ha reso disponibile la versione ufficiale su Scribd.

    Il quotidiano, tramite il suo corrispondente Shiv Malik, afferma di averlo ricevuto da Aymenn al Tamimi, un ricercatore che sta studiando il fenomeno Isis, il quale lo avrebbe ottenuto grazie alla mediazione di un uomo di affari che lavora proprio per lo Stato islamico. Suddiviso in 10 capitoli, sarebbe stato scritto da un egiziano di nome Abu Abdullah poco dopo la proclamazione, nel 2014, del Califfato da parte di Abu Bakr al-Baghdadi.

    Il programma, di cui è possibile visionare la traduzione in inglese, spiega a tutto tondo come dovrà strutturarsi lo Stato, dall’organizzazione dei campi di addestramento all’amministrazione di salute, educazione e media, passando per relazioni internazionali ed economia.

    Addestramento per adulti e bambini

    I campi di addestramento sono considerati di importanza vitale, tanto da venir definiti come la prima casa e la scuola dei Mujaheddin, i combattenti impegnati nello Jihad. Si dividono in tre tipologie, quelli per chi ha già combattuto e necessita di aggiornamenti, quelli per i combattenti alle prime armi e i campi di preparazione per i bambini. Per quest’ultimi, non solo un addestramento all’uso delle armi, ma anche lezioni sulla Sahri’a, la legge islamica, e sulle regole di educazione previste dalla società.

    Il campo di addestramento, quindi, non è deputato solo alla formazione fisica e militare ma è il luogo dove i combattenti si formano mentalmente e spiritualmente. In ognuno, infatti, è previsto l’insegnamento della lingua araba e la recitazione del Corano.

    Diwan al-Ta’alee: il Dipartimento dell’Educazione

    Se imparare a combattere è importante, l’educazione è essenziale e richiede la costituzione di un Dipartimento per l’Educazione. Secondo quanto scritto nel documento è “il fondamento su cui è costruita la società islamica, ciò che rende diversi i musulmani dai miscredenti”. Il problema, appunto, è che il programma educativo è un concentrato di idolatria nei confronti di Dio e dei propri leader, un mezzo valido esclusivamente a fomentare l’odio nei confronti del nemico, l’Occidente e i precedenti governi. Sarebbero questi i responsabili dell’espansione “della cultura della dissoluzione morale attraverso espressioni di civilizzazione e di scambio di culture con gli occidentali”. È un’educazione che viene riassunta efficacemente in uno dei punti previsti: “Correggere le erronee narrazioni”.

    Risorse necessarie per la proliferazione

    Come ogni nazione che si rispetti, anche lo Stato islamico necessita di risorse materiali per garantire che il Paese continui ad esistere. La regolamentazione prevede di porre specialisti al controllo degli stabilimenti di produzione di olio e gas, delle industrie e dei siti archeologici. È in quest’ultimo caso che il cambio di tendenza è netto e apertamente in contrasto con la distruzione del sito archeologico di Palmira avvenuta nei mesi scorsi e riportante la firma dei miliziani.

    Per quel che riguarda le principali risorse come petrolio, oro e armi, nessuno può autonomamente iniziare attività di produzione in uno di questi settori senza il permesso dello Stato e del Dipartimento delle Risorse. Ma l’autoritarismo si mostra ancor di più nel fatto che i comandanti devono essere messi a conoscenza del “significato di operazioni e produzione come il commercio di acqua, farina e bestiame”.

    Chiudere le porte alle altre nazioni

    In realtà la chiusura agli altri Paesi non è totale e irrevocabile ma riguarda esclusivamente quelli che violano la Shari’a. In poche parole tutto il mondo occidentale. Sinonimo che le possibilità di trattative con lo Stato islamico sono prossime allo zero. E la conferma è proprio in uno dei punti del documento in cui vengono espressamente vietati accordi con Paesi la cui storia si sia caratterizzata per l’ostilità nei confronti dell’Islam. Se mai un accordo con un’altra nazione venisse sottoscritto, le regole prevedono che questa non interferisca con la libertà, la sovranità e le regole dello Stato e che l’accordo sia “prima di tutto nell’interesse dei Muslim e non dei miscredenti”.

    Media e censura

    A concludere le 24 pagine del documento programmatico, il capitolo che riguarda come amministrare i Media. Anche qui le decisioni vengono concentrate nelle mani di pochi, attraverso la creazione di un unico dipartimento che si occuperà di definire le priorità per le pubblicazioni e le telecomunicazioni. In poche parole, addio alla libertà di stampa.

    Per coadiuvare le attività centrali, in ogni provincia (le regioni affiliate all’ISIS) è previsto un ufficio che dovrà lavorare a stretto contatto con gli ufficiali militari e della sicurezza. I temi trattati? Le più importanti vittorie militari, ovviamente.

    Il rischio che l’Occidente sottovaluti la minaccia

    I pericoli che il mondo occidentale corre sottovalutando la potenza crescente dello Stato islamico sono stati indicati daStanley McChrystalm, Generale americano in pensione. Dopo aver analizzato il documento l’ex Generale ha affermato: ”Se l’Occidente guarda all’Isis come a una banda di killer psicopatici, rischiamo di sottovalutarli in modo drammatico. Il programma non è molto lontano dagli scritti di Mao e dalle pratiche dei Viet Minh in Indocina”.

    Luca Crosti