Home POLITICA ECONOMIA Istat: “Il Nadef evidenzia i danni dell’evasione fiscale”

Istat: “Il Nadef evidenzia i danni dell’evasione fiscale”

Il Nadef: in questi giorni si è sentito nominare spesso ma, come puntualmente accade, il significato di alcuni termini tecnici il più delle volte restano blindati all’interno della ‘rocca burocratica’, senza che nessuno si prenda la briga di spiegare di cosa stiamo parlando. Dunque, il Nadef altro non è che la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (che illustra le politiche che saranno intraprese in relazione a quelle che si pensa siano, in divenire, le previsioni di crescita), fondamentale per la stesura della nuova Legge di Bilancio. Come da prassi, questa nota di aggiornamento da inserire nel Def, deve essere presentata ogni anno dal governo sia alla Camera che al Senato entro il 27 settembre.
Dovendo tenere conto dello ‘stato di salute’ dei nostri conti, il Nadef raccoglie anche i dati relativi all’evasione fiscale che, come vedremo, continua ad essere un fenomeno purtroppo vivo e crescente.
Lo ha spiegato proprio stamane a Palazzo Madama Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, ascoltato nelle commissioni Bilancio delle camere, dove ha ribadito “la persistenza di elevati livelli di evasione fiscale e contributiva, aspetti critici per il rafforzamento della capacità competitiva e di crescita del nostro Paese e per l’efficacia e l’equità delle politiche pubbliche“. Purtroppo, ha proseguito ancora il numero uno dell’Istituto Nazionale di Statistica, “Nel nostro Paese la recente revisione generale dei conti economici nazionali, coerente con le pratiche europee che raccomandano una revisione ogni cinque anni, ha anche condotto a lievi modifiche del profilo trimestrale del Pil. Emerge ora un marginale miglioramento congiunturale sia nel primo che nel secondo trimestre (+0,1% in entrambi i periodi)”.

Lavoro: donne, giovani e Mezzogiorno penalizzati

Ad umiliare ulteriormente l’Italia, ha tenuto a precisare ancora l’Istat, è la nostra collocazione prossima al fanalino di coda della locomotiva europea per quel che riguarda la presenza delle donne nel mercato del lavoro.
Le maggiori vulnerabilità presenti sul mercato del lavoro italiano – ha infatti riferito Blangiardo – sembrano riguardare prevalentemente le donne, i giovani e il Mezzogiorno. In dieci anni la quota di donne tra gli occupati è passata dal 40,1 al 42,1%. Le donne occupate sono aumentate di circa mezzo milione (+5,4%), valore che sintetizza una dinamica stagnante negli anni della crisi (6 mila; +0,1% tra il 2008 e il 2013) e un deciso aumento tra il 2013 e il 2018 (492 mila; +5,3%). Ciononostante, nel nostro Paese ancora solo il 56,2% delle donne partecipa al mercato del lavoro e il tasso di occupazione non supera il 50%. Si tratta dei valori tra i più bassi, insieme a quelli della Grecia, tra i paesi dell’Unione europea dove il tasso di attività è pari al 68,3% e quello di occupazione al 63,4%”. Nello specifico l’Istat ha spiegato che “il ruolo ricoperto in famiglia, in assenza di un adeguato sistema di sostegno, appare come uno dei fattori discriminante (insieme alla regione di residenza e al titolo di studio). Il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 senza figli e quello delle donne nella stessa fascia di età con figli non supera il 74%, valore tra l’altro in discesa negli ultimi 3 anni dopo il picco di quasi il 78% raggiunto nel 2015. Inoltre – ha quindi concluso il presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica – tra il 2013 e il 2018 per le donne con figli tra 0 e 2 anni si è stimato un sostanziale arretramento nel tasso di occupazione (-5,1 punti per le donne in un nucleo monogenitore e -1,3 per le madri in coppia)”.
Max