JOBS ACT: GIOIE E DOLORI PER IL PREMIER

     

     Il giorno dopo il primo via libera al Jobs Act e il parallelo apprezzamento ricevuto dai partner europei e dalla signora Merkel al vertice di Milano,  Matteo Renzi, non ha nascosto la sua soddisfazione al suo arrivo al “Nazareno” per la segreteria del Partito, evidentemente compiaciuto del risultato ottenuto al Senato sulla Fiducia. A rovinare la giornata del premier però c’è ancora la minoranza del suo partito. A partire dai tre civatiani (Felice Casson, Corradino Mineo e Loredana Ricchiuti), che non hanno partecipato al voto di fiducia. Nel partito c’è chi, come, arriva a evocare l’espulsione.  Lorenzo Guerini ha annunciato che il comportamento sarà valutato in un’assemblea del gruppo. A Walter Tocci, che ha annunciato le dimissioni da senatore solo dopo aver votato la fiducia, Renzi chiede invece di ripensarci. 

    La diversità di opinioni è una ricchezza, sottolinea il premier, ma poi, come ha fatto Tocci, nelle votazioni ci si deve attenere alla linea. Cos la quasi totalità dei senatori della minoranza dem si è attenuto alla linea dettata dal partito nonostante il forte dissenso. Ma, avvertono ora, questo non vuol dire rinunciare alla richiesta di modificare il Jobs act alla Camera. “Non è vero che la vicenda è chiusa: non sono d’accordo che la Camera non discuta”, sottolinea Bersani. Ma la richiesta di tempo sembra incompatibile con il proposito di Renzi di approvare la riforma entro novembre fino al punto di evocare un nuovo via libera con fiducia.  Stefano JOBS_ACT.jpgFassina e Pippo Civati, fanno già sapere che la fiducia sul testo attuale non la voteranno. E che non faranno mancare la loro presenza alla manifestazione della Cgil del 25 ottobre.