CALCIO

Kjaer sul malore di Eriksen: “Non chiamatemi eroe”

Lo precisa subito: “Non sono un eroe”. Simon Kjaer torna a parlare del malore di Eriksen, che ha tenuto col fiato sospeso milioni di persone. Immagini impossibili da dimenticare: l’interista che cade in terra, Kjaer che lo soccorre, chiama la squadra a raccolta intorno al compagno. Poi rincuora la moglie del fantasista: “Ho fatto solo quello che dovevo fare, senza pensarci, come avrebbe fatto chiunque altro”, racconta il difensore del Milan al Corriere della Sera.

Eppure quella corsa tempestiva, quel sangue freddo, quella voglia matta di riprendere l’amico e compagno in qualsiasi modo, non si dimenticano: “Prima la festa, poi il silenzio. Era un giorno storico per tutti noi danesi – racconta Kjaer – la prima partita dell’Europeo, in casa nostra. Poi è successo quello che è successo. Ho avuto la prontezza di restare lucido, come tutti i miei compagni. È stato un lavoro di squadra, avremmo fatto ovviamente lo stesso se fosse stato un avversario. Tutto qua. L’unica cosa che conta è che Christian ora stia bene. Solo quello è importante”.

Un gesto spontaneo, decisivo per la sopravvivenza di Eriksen: “L’ho fatto senza riflettere. L’istinto mi guidava e ho fatto quello che dovevo, automaticamente. Era la prima volta che mi succedeva, spero sia anche l’ultima. I calciatori dovrebbero imparare le tecniche di rianimazione? Certamente. Spero che quell’immagine abbia sensibilizzato sul tema. I medici sono stati bravissimi, sono intervenuti subito, ma di sicuro sapere cosa fare in certi momenti è fondamentale. Può salvare una vita”.

Poi il campo, con l’obiettivo scudetto: “Una squadra come il Milan ha il dovere di puntare al massimo. Solo così si cresce. Io non ho mai vinto un campionato e mi piacerebbe riuscirci col Milan. Sarebbe un sogno. Ma ci sono anche gli altri. La concorrenza è forte. Davanti a tutti vedo Inter e Juventus”, conclude Kjaer.