LA CAMERA APPROVA IL JOBS ACT, PD DIVISO di Francesco Paro

L’aula della Camera ha approvato il Jobs Act con solamente 316 voti a favore, uno

soltanto sopra la maggioranza assoluta. A votare sono stati 250 deputati del PD,

22 di Sc, 16 di Ncd, 14 del Misto, 12 di Pi, 1 della Lega ed 1 di Fratelli d’Italia.

Al termine della votazione, Matteo Renzi ha ringraziato i deputati su Twitter:”

Grazie ai deputati che hanno approvato il Jobs Act senza voto di fiducia. Adesso

avanti sulle riforme.”

Ma se da una parte Matteo Renzi festeggia, dall’altra non tardano ad arrivare le

proteste, difatti Lega Nord, Sel, Movimento 5 stelle, Forza Italia e 40 deputati

del Pd hanno deciso di non partecipare al voto finale.

La minoranza del PD si è divisa. Quaranta deputati non hanno votato, mentre in 2

si sono opposti ed altri 2 si sono astenuti. I no sono quelli di Giuseppe Civati e

Luca Pastorino. Astenuti Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini

In ventinove hanno firmato un documento nel quale sono riportate le seguenti

parole:” Alla fine di una discussione seria e che rispettiamo, non possiamo votare a

favore del Jobs Act. Abbiamo apprezzato l’impegno della commissione Lavoro della

Camera e riconosciuto i passi avanti compiuti su singole norme. Tuttavia l’impianto

del provvedimento rimane non convincente.”

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti sostiene  che il comportamento della

minoranza del PD fosse prevedibile: “Era in qualche misura prevedibile. C’è una

discussione che va avanti da tempo e posizioni notoriamente diverse. Tuttavia chi

non ha espresso voto favorevole, alla fine ha apprezzato i miglioramenti e ha

riconosciuto il lavoro svolto.”

Il deputato del PD, Stefano Fassina, ha attaccato Renzi nel corso della conferenza

stampa della minoranza del PD:” Le parole di Renzi non aiutano la pace sociale.

Alimenta le tensioni sovversive e corporative.”

La critica al Premier è continuata su Twitter dove il presidente di Sel, Nichi

Vendola ha detto:” Tradotto in italiano significa Lavoro sporco. Governo Renzi,

precarizzare, demansionare e licenziare: sono questi i verbi della resa culturale

della destra.”

Durante un incontro con Sel e la FIOM lombarda, Gianni Cuperlo ha sottolineato

di essere contrario al Jobs Act e spiegato che non ci si deve concentrare su come

licenziare ma su come assumere.

Diversa è la posizione dell’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il quale ha

assicurato che avrebbe votato a favore del testo per “convinzione e disciplina”

ma ha rivendicato la necessità di lasciare alla sensibilità di ciascuno se seguire o

meno le indicazioni di partito.

Il provvedimento ora passa al Senato in terza lettura per il via libera definitivo. Il

testo è stato infatti modificato dalla commissione Lavoro, dove sono stati

approvati gli emendamenti nati dall’accordo tra governo e minoranza Pd.

L’approdo in Aula al Senato è previsto per il 3 o 4 dicembre.

Il Jobs Act è stato approvato, ma il governo Renzi resta da solo contro la

maggioranza della Camera che si è detta contraria al testo.