LA MANCATA APPLICAZIONE DELLA RIFORMA MASTELLA SUL RICAMBIO DELLE FUNZIONI MAGISTRATUALI,LE RESPONSABILITA’ DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA E LA POSSIBILITA’ DELLA POLITICA DI RIACQUISIRE UN RUOLO.

    Quando si riflette sulle disfunzioni e il malfunzionamento della giustizia italiana bisogna sempre partire,a mio modesto avviso, da un dato di fatto: la mancata corretta applicazione e quindi la mancata o incompiuta realizzazione di quella che viene definita come “riforma Mastella” dell’ordinamento giudiziario,cioè della Legge n°269 del 24/10/2006 e della L.n°111 del 30/7/2007. Lungi dall’essere un seguace o un fan politico di Clemente Mastella, condivido però l’impostazione tutta propria del concetto di legalità repubblicana, e risalente addirittura al diritto romano repubblicano, della turnazione o avvicendamento nelle funzioni magistratuali. Si tenga presente che,decorsi una certa quantità di anni nell’esercizio delle stesse funzioni giurisdizionali o inquirenti-requirenti, il rischio è che si creino delle ramificazioni o fenomeni di consolidamento di potere per averle esercitate sempre nel medesimo luogo e quindi il problema della turnazione o avvicendamento, che non lede affatto il principio di inamovibilità sancito dall’art.107 della Costituzione,prima che dalla normativa su guarentigie e status,ecc., non è tanto un problema formale di avvicendamento nelle funzioni (ad esempio da giudice penale ti trasferisci a fare il giudice delle esecuzioni immobiliari o da g.i.p. ti trasferisci a fare il giudice del dibattimento,ma sempre nel tribunale di Velletri o Bologna rimani, per intenderci…), quanto materialmente di avvicendamento territoriale,cioè di spostamento ad altra sede di altra procura o tribunale,per intenderci, e non solo nei casi sopravvenuti di incompatibilità ambientale che, in quanto tali, sono un fenomeno da evitare e prevenire anche con questi avvicendamenti-turnazioni periodiche previste dalla riforma Mastella.In questa ottica si pensi solo alla quantità di conoscenze e al tipo di rapporti che si formano e soprattutto che si consolidano nell’ambito dei settori istituzionali,negli anni, tra il magistrato in carica,cioè in pianta organica di un determinato ufficio e gli altri operatori nel settore di giustizia, dai cancellieri alle forze dell’ordine,avvocati,ecc. Il fatto di essere un soggetto estraneo ad un dato ambiente o quantomeno non ancora radicato consente,in buona sostanza, più agevolmente, di fare il proprio dovere “senza dover guardare in faccia a nessuno”,mentre l’avere ormai rapporti consolidati, sul piano umano, prima che istituzionale, finisce per poter notoriamente compromettere certe dinamiche psicologiche interne prima che giuridiche. Così possono svilupparsi quei fenomeni deteriori spesso genericamente definiti come “prevenzione” o “parzialismo”,ecc.,in danno della superiore funzione della giustizia e senza dover arrivare a disquisire dei casi, purtroppo ricorrenti anch’essi, di malaffare e corruzione. In sintesi la riforma Mastella ha effettuato sulla carta la timida introduzione di misure amministrative di prevenzione volte a tentare di rimuovere quelle condizioni cronologiche e ambientali che possono costituire l’humus propedeutico in cui maturano fenomeni deteriori tristemente noti alle cronache (per tutte vedasi la nota vicenda del cosiddetto “lodo Mondadori”, http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/09/lodo-mondadori-la-sentenza-berlusconi-responsabile-civilmente/144213/ ,ma anche casi di scontri tra Procure: http://www.webalice.it/lapaginadivicio/procure_scontro.htm ,procedimenti balzati ai clamori delle cronache e senza che i seguiti giudiziari abbiano corrisposto ai clamori della stampa o al ruolo giocato sull’opinione pubblica,vedasi anche il caso “toghe lucane”, che costituisce anche in qualche modo lo sfondo ambientale o antefatto in cui matura la “vicenda De Magistris”,o con cui tale vicenda si intreccia,vicenda De Magistris notoriamente definita dal C.S.M. con un discutibile trasferimento dell’ex magistrato, oggi sindaco di Napoli, http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/20/toghe-lucane-archiviazione-totale-la-disfatta-giudiziaria-di-de-magistris/98969/, in considerazione anche degli apprezzamenti alcune sue inchieste hanno avuto in ambito europeo). Sempre,in estrema sintesi, come si legge anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato sul problema dei trasferimenti e turnazioni e relativi commenti: “In dottrina il dibattito sul tema era principalmente diviso tra le posizioni di chiriteneva, nel bilanciamento dei valori in gioco, preminente l’interesse alla stabilità e continuità organizzativa per il buon funzionamento degli uffici, e chi, invece, vedeva nella rotazione una maggiore garanzia contro il possibile monopolio di un unico «centro di potere» e il conseguente abuso dei dirigenti nell’assegnazione dei processi penali e delle cause civili.Con la legge Mastella è stato riscritto l’art. 45 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (la c.d. riforma Castelli), eliminandosi l’esclusione di alcune cariche dall’applicazione della rotazione degli incarichi.Dunque oggi per tutti gli incarichi direttiviexart. 10, commi da 10 a 16 (giudicanti e requirenti: di primo grado; di primo grado elevato; di secondo grado; di legittimità; superiori di legittimità; apicali; requirenti di coordinamento nazionale) è prevista una durata massima di quattro anni a decorrere dalla presa di possesso, prorogabile per altri quattro a seguito di valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dell’attività svolta dal dirigente con controllo di gestione e risultato. Se l’esito del giudizio risulta essere negativo tale magistrato non potrà partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi direttivi per i successivi cinque anni. Nel caso in cui non venga fatta domanda il soggetto sarà assegnato alle funzioni non direttive nel medesimo ufficio, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza del posto.”.Ad ogni modo,al di là delle solite impostazioni giusformalistiche,appare chiaro,a distanza di anni dal varo della riforma, che lasciare i medesimi magistrati sempre nei medesimi palazzi di giustizia,magari cambiandoli solo di funzioni o passandoli da un ruolo apicale all’altro o da un ruolo apicale ad uno intermedio, possa costituire e abbia spesso costituito,in sintesi, una prassi elusiva dello spirito autentico della riforma e che i fenomeni di ramificazione (anche parentale), consolidamento di potere e conoscenze, prevenzione,ecc. possano continuare a proliferare proprio perché, di fatto, spesso si opera di tutto fuorchè il trasferimento territoriale ad altro palazzo di giustizia, tranne appunto che nei casi più eclatanti di sopravvenuta incompatibilità ambientale. Su questo punto va discusso il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura e le relative responsabilità come organo avente rilievo costituzionale, perché, anche se i membri di tale organo beneficiano di immunità per i voti dati e le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni, va anche evidenziato il ruolo politico-costituzionale di tale organo e il fatto che l’operato dello stesso, nel suo complesso, sia tutt’altro che insindacabile. In tale ottica il Parlamento e la politica,nelle loro ampie facoltà di dibattito e con la Commissione giustizia ovvero, meglio ancora,con apposite commissioni parlamentari di inchiesta sul malfunzionamento della giustizia in Italia e sulle relative cause,potrebbero svolgere un ruolo di approfondimento e adeguata cassa di risonanza,contribuendo ad evitare il reiterarsi o il consolidarsi di prassi elusive,laddove invece, in un passato recente, si sono registrate anche ipotesi di applicazione piuttosto rigorosa dei principi citati della riforma Mastella, ad esempio in relazione al trasferimento dei magistrati della Procura di Torino che hanno fatto parte del pool che si occupava di indagini delicate in tema di inquinamento, reati ambientali,ecc.  La considerazione da fare in proposito è che proprio relativamente al dibattito instauratosi su quest’ultimo caso paradigmatico,esso non debba e non possa costituire il “punto di crisi” del principio della cosiddetta rotazione,che è un principio sacrosanto e valido in sé. Vale a dire che per la pretesa “insostituibilità e specializzazione” in alcuni settori, quella che è una legge della repubblica su una materia riguardata da riserva costituzionale finisca per poter subìre delle “eccezioni” che poi, nei fatti,smentiscano o vanifichino le regole fondamentali dell’ordinamento giudiziario (sul punto:  http://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/varie-C-8/sicurezza-sul-lavoro-no-alla-rotazione-decennale-dei-magistrati-AR-11559/article.pdf ). Torna dunque alla memoria quel celebre motto, ineludibile in un sistema autenticamente repubblicano e democratico, che ciascuno di noi è utile,ma nessuno indispensabile o insostituibile in senso assoluto,perché diversamente il “consolidamento di potere” o i personalismi delle cariche pubbliche,usciti formalmente dalla porta, rientrerebbero dalla finestra delle delibere del C.S.M.,equiparabili a sentenze, per certi versi, oltre che a provvedimenti amministrativi. E’ opinione di chi scrive che il Parlamento per riappropriarsi del suo ruolo e del suo primato, non debba fare altro che riappropriarsi della sua funzione originaria di Alta Corte, perché quello in origine furono tutti i parlamenti nati come Curiae regis,e che al posto di proliferare nocivamente nella produzione legislativa, creando praticamente il caos della Corruptissima republica in plurimae leges, per usare la definizione di Tacito, possa giocare un ruolo di accertamento anche sull’operato del C.S.M. e dei Magistrati che possa sensibilizzare la stampa,l’opinione pubblica e che possa indurre il Ministero, gli organi ispettivi e soprattutto la Procura Generale della Corte di Cassazione, in tema di iniziative disciplinari e quant’altro, ad adottare tutti quei provvedimenti che possano quantomeno arginare, se non le decisioni errate o non adottate in tema di trasferimenti territoriali,almeno i fenomeni deteriori di malcostume giudiziario,consolidamento di potere,conflitti di interesse,ecc.