LA MANOVRA VALUTARIA DI MARIO DRAGHI SULLA NUOVA SERIE DELLE BANCONOTE DA 50 EURO

    Sta uscendo la nuova serie delle banconote da 50 euro pensata formalmente dalla Bce per contrastare più efficacemente il fenomeno delle falsificazioni. A dire il vero, nella personale esperienza forense, mi è capitato più frequentemente di imbattermi in tagli di banconote false da 100,00 euro che da 50,00 e, paradossalmente, credo che la categoria forense fosse tra le più esposte, nei pagamenti in contanti, a questo tipo di truffe. Per quanto ci si possa dotare altrettanto agevolmente di apparecchi di identificazione del contante contraffatto a costi anche modici, rimane il fatto che i pagamenti e le modalità dei rapporti commerciali e professionali non consentono umanamente di riconoscere sempre il falso puntualmente. Pensiamo anche ai piccoli pagamenti di scarsa entità che possono avvenire anche in contante e fuori dalla sede dei propri uffici o negozi. Pertanto si tratta obiettivamente della prima misura firmata Draghi che riscuote un consenso ampio e difficilmente si può criticare sul piano valutario: in breve, girano troppi soldi falsi, soprattutto le banconote da 100 e da 50, e con questa misura si cerca di arginare tecnicamente il problema, ma soprattutto mandando fuori corso il vecchio taglio, mafie ed evasori o nababbi con grandi quantità di contante in cassaforte saranno costretti a rimetterlo in circolo per cambiarlo e,a quel punto, il nero e la ricchezza occultata è costretta ad emergere e possono essere identificati sia dal fisco che essere denunciati o segnalati per riciclaggio e altri illeciti finanziari, compresi i reati associativi della malavita organizzata. In Usa, ad esempio, il problema non si pone per chi esercita certe attività illecite, perché il dollaro formalmente non va fuori corso. Ma in Europa e soprattutto in Italia, col cambio dalla lira all’euro, ricordiamo tutti la funzione della Banca centrale d’Italia come unico istituto che accetta ancora banconote di vecchio conio fino ad un determinato termine tassativo. Ciò che lascia a desiderare, a nostro sommesso avviso, è il sistema di controllo italiano in cui talvolta abbiamo assistito a banche coinvolte direttamente nei fenomeni di copertura del riciclaggio o di lavanderia di proventi illeciti, compreso il discorso della banca vaticana che ha pur sempre sede nella penisola e contatti con altre banche, nonché il sistema di controllo dei fenomeni di evasione fiscale o elusione consistente, come dimostra la stessa vicenda di Silvio Berlusconi, condannato definitivamente per frode fiscale solo quasi alla fine del ventennio berlusconiano e l’emersione, spesso, solo delle punte dell’iceberg. In ogni caso la manovra sembra poter essere molto più incisiva di quelle che hanno puntato, fino ad oggi, ad agire sui tassi di interesse per favorire la necessaria iniezione di liquidità in un sistema atrofizzato dall’accentramento delle risorse economiche nelle mani di poche persone. Uno dei canali da monitorare attentamente in questo periodo, oltre ai soliti money transfert, sono anche i cambiavalute, compresi quelli automatici, poiché vi è da credere che, in molti potrebbero scegliere questo tipo di investimento o l’oro o diamanti per investire la valuta in eccesso a rischio di uscire fuori corso. Il monitoraggio si impone per evitare che gli interessati possano continuare ad occultare o convertire “il malloppo” senza troppe conseguenze anche per cifre molto consistenti o che si possa comunque svilire l’effetto sottostante o meno palese della manovra valutaria, che è proprio quello di costringere chi ha soldi in eccesso sotto il mattone ad acquistare ed investire in attività, fornendo all’economia reale quella linfa preziosa che manca proprio per effetto di fenomeni illeciti, speculativi o di semplice tesaurizzazione volta all’eccesso, spesso, però, anche per paura dei comportamenti di banche e finanziare che, non di rado, negli anni passati, hanno cercato disinvoltamente di piazzare prodotti tossici o in posizione di conflitto di interesse. In un tale contesto vi è da immaginare che la terra agricola e l’economia reale potrebbero tornare ad avere un ruolo non secondario, laddove, dopo la lotta per il petrolio e per l’acqua, si comincia a prevedere che la prossima “guerra” economica possa avere ad oggetto proprio le derrate alimentari e i generi di prima necessita anche nel mondo occidentale che sta perdendo posizioni e ruolo strategico nello scacchiere dell’economia globale.