Home ATTUALITÀ La truffa del database, così ingannavano i clienti della Treccani

    La truffa del database, così ingannavano i clienti della Treccani

    Una vera truffa del database: vendevano finte opere della Treccani, e rubavano migliaia di dati personali in tutt’Italia: è quanto emerge da un’inchiesta della Guardia di Finanza, che per la prima volta porta a contestare l’utilizzo illecito dei dati; previste sanzioni pesantissime.

    Un operatore di un call center sconosciuto chiamava una cliente della Treccani, perno del sapere italico che compila, aggiorna e pubblica l’Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. La persona sembra conoscere molte coso della cliente: numero di telefono, dati anagrafici e quanto e cosa ha acquistato fino a quel momento dalla Treccani.

    La chiamata si chiude con una proposta: un incontro per rivalutare le opere d’arte già acquistate. Fissato un appuntamento la persona che arriva a casa rivela di non essere un agente della Treccani, ma di una società che in realtà propone proprie opere d’arte: libri, quadri, stampe.  È il 2019: e da telefonate del genere parte l’inchiesta della Finanza terminata con la contestazione dell’articolo 167 del Codice della privacy: trattamento illecito di dati. Gli atti trasmessi al Garante saranno valutati con un’istruttoria che la quantifica del danno: nei casi più gravi si può arrivare a 20 milioni di euro.

    I dati sensibili, sono ormai il nuovo Eldorado: disporre di elenchi completi di numeri telefonici, acquisti indirizzi email dei clienti significa poter entrare in forma invasivo nella sfera privata per sedurli sulla scia di informazioni per cui si è suscettibili, proponendo acquisti o tracciando profili commerciali da rivendere poi nel sottobosco del mainstream. O, più semplicemente, per raggirare un utente. Quando si fa un acquisto, fornendo dati, si finisce in un elenco specifico, ma consapevolmente. Il reato è cedere tali dati ad altri senza consenso.

    Per l’affaire-Treccani, gli indagati sono quattro: uno, rumeno, è irreperibile. Gli altri tre, campani, sostengono di aver comprato i dati con tanto di fattura emessa da una società londinese inesistente. E da cui, fra il 2020 e il 2021 sarebbero stati trasferiti più di due milioni di euro a un conto svizzero che porta a un calabrese con precedenti di polizia per truffa. Un giro all’estero per sviare i controlli (poiché il Regno Unito è fuori dalla Ue). L’indagine svela che migliaia di generalità di clienti selezionati fra clienti di opere d’arte e numismatica sarebbero state sottratte illecitamente, catalogate e vendute senza consenso. Il guadagno era doppio: per le informazioni vendute, e per i prodotti proposti negli appuntamenti.