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Lavoro, il dossier dell’Inps denuncia: in Italia ‘almeno’ 3,3 milioni sotto la soglia del salario minimo

Non è certo un mistero ma, se ne continua a parlare… e basta. Ed oggi anche l’Inps è scesa in campo per denunciare il vergognoso stato di salute in versa il mondo del lavoro anzi, di lavoratori. Un tema per altro al centro degli annosi e ‘ripetitivi’ dibattiti declinati al sociale, rispetto a quali anche da parte dei sindacati, non si è riusciti ad ottenere chissà cosa. E così l’Istituto pensionistico ha consegnato nelle mani del governo un dossier a dir poco ‘bollente’, dall’eloquente titolo ‘Segnali preoccupanti’, in bella vista all’interno del suo XXI Rapporto.

Salario… ‘minimissimo’: quasi il 24% di lavoratori (‘contrattualizzati’) percepisce meno di 9 euro lordi l’ora

Ad oggi sembra impossibile ma in Italia (fra quelli ovviamente ‘censiti’), vi sono ancora circa 3,3 milioni di lavoratori, il cui 23,8% guadagna meno di 9 euro lordi l’ora, dunque ‘abbondantemente’ al di sotto di quella soglia che la politica indica come un salario minimo. Retribuzioni che – raramente – superano appena i 1.500 euro lordi al mese e, badate bene, stiamo parlando  di lavoratori ‘coperti’ dalle tutele annoverate nella contrattazione nazionale.

Salario… ‘minimissimo’: premessi i diversi contratti nazionali, il 10% dei 4,5 mln di dipendenti guadagna meno di 1.500 euro

Altro che garanzie contrattuali: in Italia sembra proprio che questo sia un argomento tabù, e che quella che dovrebbe una garanzia rispetto alle buste paga ‘adeguate’, sia un tema che no interessa nessuno. E poi vogliono anche farci credere che i giovani – benché ‘pagati’ – non hanno voglia di lavorare: se già trattano così i loro genitori ultracinquantenni!

Come spiega ancora l’Inps nel suo ‘corposo’ dossier, ad ottobre 2021, nei 257 Contratti nazionali, ai quali sono legati ben 4,5 milioni di dipendenti, ‘almeno’ il 10% delle retribuzioni mensili effettive si mantiene bene al di sotto dei 1.500 euro. Poi, come sempre capita, si parla di un campo vastissimo dove, per ovvi motivi vengono registrate delle “variazioni importanti“. Come spiega infatti ancora l’Inps, se mediamente per i dipendenti a full-time la retribuzione media giornaliera è di 98 euro, almeno in 6 fra i contratti principali è invece al di sotto dei 70 euro mentre, in altri casi, come ad esempio per l’industria chimica, ecco che si sale a 123 euro.

Salario… ‘minimissimo’: il ‘curioso’ fenomeno dei lavoratori a ‘frazioni ridotte’, che percepiscono 7.870 euro l’anno!

Il quadro generale rivela che , nel 2021, per quanti inquadrati full time la retribuzione media annua è stata di circa 24.097 euro, incredibilmente in linea con il 2019 (e nel frattempo la vita è esponenzialmente aumentata), e un ‘filino’ di più rispetto a quanto registrato nel 2020. In tutto ciò sorprende però “il consistente aumento” (+16,2%), di chi nel corso dell’ano ha invece lavorato se non per frazioni ridotte, percependo così  una media di 7.870 euro di retribuzione annua. Ovviamente non ci si riferisce a ‘lavoratori per hobby’ anzi, fra questi sono molti i padri di famiglia, quasi che a ‘qualcuno’ faccia comodo di poter usufruire di lavoro e manodopera solo in determinati periodi nel corso dell’anno. Un ‘sistema’ potremmo sospettare, perché osservando i rapporti degli ultimi 15 anni (con riferimento al periodo compreso fra il 2005 ed il 2021), ‘guarda caso’ si è registrato addirittura un “raddoppio” del numero di quei lavoratori con buste paga inferiori ai 1.000 euro. Ed attenzioni perché anche qui rispetto ai salari l’omogeneità è relativa. Come si spiega infatti che, se per i dipendenti a part-time, mediamente la retribuzione giornaliera è 45 euro, scende invece subito a 40 euro giornaliere se interessa i dipendenti dei comparti artigiani?

Salario… ‘minimissimo’: persiste una situazione retributiva ‘frastagliata’, che registra un forte aumento delle disparità sul lavoro

Insomma, commenta l’Inps nell’ambito del suo rapporto, spiegando comela distribuzione dei redditi si sia polarizzata in modo vistoso e la decrescita salariale sembrerebbe derivare essenzialmente dalla parcellizzazione della prestazione lavorativa, anche per effetto della eccessiva flessibilizzazione introdotta dalle riforme sul mercato del lavoro. Una situazione retributiva decisamente frastagliata, che registra un forte aumento delle disparità sul mercato del lavoro e un’accelerazione del coefficiente che ne calcola le diseguaglianze, l’indice Gini che nel 2021 sale a 46 dai 44 del 2019. Per contro l’1% dei lavoratori più ricchi concentra nelle sue mani il 6,4% del reddito totale percepito dal lavoro dipendente e guadagna un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva”.

Salario… ‘minimissimo’: ecco poi il cosiddetto ‘lavoro povero’ che l’Inps dal 2005 al 2021, denuncia essere “raddoppiato”

Infine, sempre all’interno dell’interessante ed esaustivo dossier, emergono quelli che lo stesso Istituto definisce come “segnali più preoccupanti”, riferiti nello specifico al fronte salariale, che appare immobile. E’ il cosiddetto ‘lavoro povero’ che l’Inps dal 2005 al 2021, denuncia essere “raddoppiato”. Ci riferiamo ai lavoratori che, annualmente, percepiscono un reddito inferiore ai 1.000 euro. Basti pensare che vi sono lavoratori che oggi guadagnano meno di 5.000 euro annui, attestandosi addirittura al di sotto della soglia del reddito di cittadinanza.

Salario… ‘minimissimo’: c’è poi una quota crescente di lavoratori che percepisce un reddito inferiore alla soglia di fruizione del Rdc

Una situazione ‘in divenire’ che come spiega l’Inps “la distribuzione dei redditi si sia polarizzata in modo vistoso, con una quota crescente di lavoratori che percepiscono un reddito da lavoro inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza. La decrescita salariale dunque sembrerebbe derivare essenzialmente dalla parcellizzazione della prestazione lavorativa, anche per effetto della eccessiva flessibilizzazione introdotta dalle riforme sul mercato del lavoro. Una situazione retributiva anche decisamente frastagliata che vede un forte aumento delle disparità sul mercato del lavoro e un’accelerazione del coefficiente che ne calcola le diseguaglianze, l’indice Gini che nel 2021 sale a 46 dai 44 del 2019”.

Max