Le ricette di Di Maio per rilancio Alitalia: ottimo management e niente fondi pubblici

    Alitalia è nuovamente al centro dell’agenda politica e sul tema si è espresso direttamente anche il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, nonché vice-premier, Luigi Di Maio. Secondo il suo pensiero per rilanciare la compagnia di bandiera “serve un ottimo management” e non altro denaro pubblico. Di Maio però ha poi aggiunto che la scelta di nazionalizzare Alitalia risulterebbe un’ottima strategia e, inoltre, verrebbe impiegato il capitale della stessa società. “Abbiamo già un prestito ponte che è stato fatto ad Alitalia dal governo precedente- spiega il vice-premier- convertiamo una parte di quello in equity e poi tutta una altra parte la raccogliamo sul mercato con gli attori privati. Per esempio sarebbe molto interessante riuscire a portare avanti progetti di intermodalità anche tra Ferrovie e Alitalia”. Nel proseguo delle sue dichiarazioni, Di Maio stabilisce le linee per il rilancio, con l’intento di togliere Alitalia dal controllo dei commissari. “Il nostro obiettivo per Alitalia è farla diventare una compagnia strategica per il turismo italiano, per farlo serve un controllo pubblico ma dobbiamo anche attrarre partner privati. Sono molto fiducioso che entro fine mese si possa chiudere brillantemente anche questo dossier”. “Un pensiero – evidenzia Di Maio – va a tutti coloro che ci lavorano, non abbiamo nessun interesse allo spezzatino né a svenderla a chi si vuole fregare le rotte”. Il prestito ponte statale è una dotazione finanziaria da 900 milioni che era stata concessa ad Alitalia nel 2017 con il governo Gentiloni. In linea teorica, il prestito andrebbe restituito entro la metà di dicembre ma il governo ha iniziato a lavorare a un piano per far slittare – attraverso il decreto fiscale – il rimborso di altri sei mesi. Nel frattempo si dovrebbe mettere insieme la nuova compagine azionaria. Indiscrezioni dei giorni scorsi prevedevano l’ingresso delle Ferrovie dello Stato, con altre partecipate pubbliche e un vettore estero come socio industriale. Anche al Mef è attribuita una quota, o attraverso il re-investimento del prestito ponte estinto con l’iniezione dei nuovi capitali, o appunto attraverso la sua conversione in quote azionarie, come indicato oggi da Di Maio. Proprio ieri, il commissario straordinario Luigi Gubitosi, con i colleghi Stefano Paleari ed Enrico Laghi, aveva fatto il punto sulla situazione della compagnia in un’audizione al Senato, mentre da Bruxelles la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager aveva ribadito che è sempre acceso il faro sul prestito alla società. Vestager ha nel mirino in particolare il livello di remunerazione di quel prestito: “Una parte dell’indagine riguarda gli interessi (del prestito del Governo, ndr), perché è una delle cose importanti da guardare, come in passato si è visto in casi di aiuti di Stato”, ha spiegato Vestager. Questo perché “il Governo può investire in compagnie se il livello degli interessi rispecchia il mercato”, e quindi non c’è un trattamento che svantaggia gli altri concorrenti, ha sottolineato. Possibile immaginare che il faro si accenderebbe ancor di più, nel caso in cui il governo volesse andare avanti con il piano di conversione in capitale. “Non mi risulta ci sia l’intenzione di procrastinare” una soluzione per Alitalia ma “ritardare di sei mesi una decisione che andrà presa in un senso o nell’altro aggraverebbe solo di sei mesi il problema”, ha detto Gubitosi. “E’ importante operare velocemente in questi mesi, prima si decide e meglio è”, ha sottolineato il commissario, precisando però che “le scelta di cosa succede in Alitalia competono al governo e non ai vertici operativi”. E ricordato quindi che “in base alla normativa attuale l’attività deve esaurirsi al 31 ottobre con l’identificazione di un percorso successivo che poi andrebbe completato entro metà dicembre” e “per Alitalia dovrebbe iniziare una nuova fase”. Sulla nazionalizzaizone sono arrivate proprio ieri le parole di bocciatura dal numero uno uscente dell’Enac, Vito Riggio: “Aecondo me è assolutamente impropria, l’ho sempre detto. E’ fuori da una logica di mercato. Poi le ri-nazionalizzazioni sono ancora peggio”.