MAFIA SICILIANA, UN CANCRO DURO DA ELIMINARE di Delia Marrone

    Era il 23 maggio 1992, strage di Capaci, morte di Giovanni Falcone. Era il 19 luglio 1992, strage di via d’Amelio, morte di Paolo Borsellino. Due esponenti della magistratura italiana che hanno combattuto con anima e cuore la mafia siciliana, che non ha esitato ad eliminarli brutalmente. Pagina nera della nostra storia , difficile, quasi impossibile da dimenticare. Si è riaperto in questi giorni un duro dibattito, poichè Salvatore Riina pluriomicida capo di Cosa Nostra, la più potente associazione mafiosa siciliana, arrestato il 15 Gennaio 1993 e condannato all’ergastolo, ha utilizzato parole molto dure nei confronti di numerosi esponenti delle istituzioni italiane, lamentandosi per i rigori dell’articolo 41 bis, meglio conosciuto come “Carcere duro”. Non per ultimo ha dunque definito il presidente della Repubblica, allora presidente della Camera dei Deputati, Giorgio Napolitano “ quella puttana della nostra Camera” lasciando sottintendere qualche pesante insinuazione, visto lo scandalo che aveva già precedentemente creato la pubblicazione delle telefonate intercettate nel 2011 tra l’ex presidente del Senato Nicola Mancino e l’ex consigliere giuridico Luis D’Ambrosio. Queste erano costate all’ex ministro dell’Interno una pesante accusa di falsa testimonianza e tentativo di rallentamento delle indagini a discapito della Procura di Palermo, nelle quali sembra essere stata riconosciuta la voce dell’attuale Presidente Napolitano. Questo, dal proprio canto non ha avuto nessuna esitazione a sottoporsi ad un’udienza di tre ore, tenutasi il 28 ottobre al Quirinale, nella sala del Bronzino, davanti alla II sezione della Corte d’Assise di Palermo rappresentata daLeonardo Agueci e rispondendo alle domande dei pubblici ministeri e dell’avvocato di Totò Riina. Il presidente ha ribadito più volte la tragicità del periodo stragista, durante il quale l’associazione mafiosa, Cosa Nostra, aveva iniziato a colpire anche edifici di valore artistico-culturale per porre i pubblici poteri davanti a degli aut-aut. “ La tragedia di via D’ Amelio fu il colpo d’acceleratore definitivo, essendo ormai arrivati al limite dei 60 giorni” ha dichiarato il presidente in riferimento all’approvazione dello stesso articolo 41 bis, avvenuto appunto l’8 Giugno 1992, che prese il nome di “ Decreto antimafia Martelli-Scotti”. Si erano diffuse le voci di un possibile attentato a Napolitano o al Senatore Spadolini, anche l’ex presidente Ciampi ha temuto il golpe, il clima era dunque quello di una tensione generale. “ Con gli attentati la mafia voleva destabilizzare il sistema” evidenzia Napolitano, che però si rifiuta di lasciare commenti, conferme o smentite riguardo conversazioni telefoniche private, suscitando l’ira di Luca Cianferoni, legale di Riina, che dichiara ai microfoni: “Udienza interessante al 51 per cento, Napolitano è stato molto difeso dalla Corte e non ha risposto alla domanda più importante” riferendosi alla conversazione intercettata tra il presidente e l’allora presidente del Senato, Oscar Luigi Scalfaro. Nonostante ciò, il dibattito sembra per il momento terminato.