MAR MEDITERRANEO: IL FUTURO A RISCHIO PER UN’ “ECONOMIA BLU” NON PIÙ SOSTENIBILE

Come negli Stati Uniti dell’800 quando migliaia di persone si lanciarono nell’impresa sperando di arricchirsi, anche il Mar Mediterraneo nel corso dei prossimi anni conoscerà la sua personalissima corsa all’oro. A definire in tal modo il futuro del nostro mare è stato lo studio “MedTrends”, coordinato dal Wwf Francia in 8 diversi paesi quali Italia, Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Malta, Slovenia e Spagna, nell’ambito del programma “Mediterranean Marine Initiative”. A venir analizzato, lo sviluppo delle attività produttive che si tengono nel bacino.

Lo studio ha osservato le tendenze della cosiddetta blue growth, la “crescita blu”, attraverso l’analisi di 10 settori economici marittimi chiave dei quali è stato mostrato lo stato attuale, lo sviluppo fino al 2030, i fattori che li guidano, la loro interazione e, soprattutto, il loro impatto ambientale. Stando a quanto riportato dal Wwf, questa “economia blu” cresce in maniera esponenziale ma lo fa senza una visione a lungo termine per quel che riguarda uno sviluppo sostenibile. Cresce quindi la lotta per accaparrarsi le risorse disponibili senza tener conto di un ecosistema già in difficoltà.

Per quanto riguarda il comparto energetico, se da una parte si prevede uno sviluppo delle rinnovabili attraverso l’aumento della produzione di energia eolica, dall’altra preoccupano le tendenze dell’industria petrolifera e del gas. La loro produzione, che già attualmente fa registrare il 20% del territorio dato in concessione, verrà addirittura quintuplicata entro il 2030.

In forte aumento anche il settore della pesca ricreativa e dell’allevamento. Nei paesi mediterranei l’acquacoltura aumenterà del 112%, generando nuovi conflitti con il turismo, altro settore in crescita, per lo spazio disponibile. La pesca professionale è invece in calo a causa del già eccessivo sfruttamento e dell’impatto negativo che avranno l’attività mineraria e l’estrazione di petrolio e gas.su di essa.

A far riflettere è anche il dato relativo allo sviluppo costiero. Entro il 2025 più di 5000 km di costa verranno compromessi a causa dell’urbanizzazione. Solo in Italia il rischio è di distruggere 10 km di territorio ogni anno. In crescita anche il trasporto marittimo teso a garantire le diverse attività, il quale aumenterà del 4% all’anno.

L’unione di tutti questi fattori porterà, ovviamente, a conseguenze gravissime dal punto di vista dell’inquinamento. In una condizione di per sé già grave visto l’impatto di rifiuti e scarichi di acque reflue e inquinate, la mancanza di programmi di sviluppo sostenibile contribuirà a peggiorare il tutto.

A preoccupare fortemente il Wwf è anche la questione dell’interazione tra la blue growth e particolari siti di interesse che rischierà di compromettere gli obiettivi di conservazione del bacino posti dalla Convenzione sulla Biodiversità che ha richiesto la tutela di almeno il 10% delle acque UE. Le aree a rischio sono il golfo di Cadice, il mare di Alboran, le isole Baleari, il Delta dell’Ebro, la costa della Catalogna, il golfo di Lione, il mare Adriatico settentrionale, lo stretto di Otranto, lo stretto di Sicilia, la zona settentrionale e centrale del mar Egeo e le coste ioniche della Grecia fino alla parte sud occidentale.

La speranza del Wwf è che attraverso lo studio si possa aumentare il grado di consapevolezza in merito alla questione e, soprattutto, spronare l’Unione Europea nell’attuazione delle politiche di tutela già esistenti come la Direttiva “Marine Spatial Planning” sull’organizzazione dello spazio marittimo.

Luca Crosti