Mezzi pubblici KO, quando la Capitale va in tilt

    Il caso della scala mobile della metro A di Roma e, il più recente caos della metro B rappresentano, nella Capitale, soltanto gli ultimi vividi esempi di come le problematiche legate ai vari, differenti (e purtroppo ripetitivi) disservizi legati ai mezzi pubblici romani producano un sostanziale vero tilt in tutta la città.
    Basti pensare ad esempio ai tanti e diversi problemi in presenza di scioperi dei mezzi come quello del Marzo scorso, quando c’era stato lo stop di Atac-Roma Tpl per bus, metro, tram e ferrovie. Tranne nella cosiddetta fascia di garanzia dello sciopero (che prevede fino alle ore 20 la quasi piena normalità dei trasporti nella Capitale. Metro A, B e C funzionanti e regolari), i disagi dei cittadini e dei pendolari erano stati parecchi. Ma la lunga prima parte di sciopero aveva lasciato in tilt la città e estenuato migliaia e migliaia di persone.
    Accanto ai ritardi, al caos, alle classiche tensioni legate allo spostamento cittadino in condizioni di scioperi più o meno prolungati, ci sono poi le acredini dialettiche tra i ‘corpi’ nell’ambito delle motivazioni degli scioperi in sé. Nella circostanza, Usb aveva diffuso un comunicato per sottolineare le intenzioni contro l’Atac da cui deriva lo stop, con tanto di numeri dell’adesione. «La fortissima adesione dei lavoratori privatizzati della Roma TPL e Consorziate, il gestore privato che detiene le linee periferiche della Capitale, è un forte segnale di contrarietà per i sistematici ritardi nel pagamento degli stipendi e per le pesanti condizioni di lavoro – avevano detto da Usb -. Ma il forte dissenso è rivolto all’amministrazione comunale, che proprio in questi giorni sta mettendo a punto il nuovo bando di gara che prevedrà un ulteriore aumento del 10% delle linee date in gestione ai privati. Aziende private che fino ad oggi non hanno garantito un servizio efficiente e di qualità e hanno negato anche i minimi diritti ai lavoratori».
    Caos su caos, dunque. Quando il disservizio non è causato da problematiche strutturali, intercorrono le disavventure degli enti a mettere in ‘piazza’ (o sarebbe meglio dire, in ‘linea’) le difficoltà di una città e di una capitale come Roma di avere una continuità stabile nella fruizione dei mezzi pubblici. In quella occasione, d’altra parte, gli organi sindacali che avevano prodotto lo sciopero dei mezzi, si erano rivolti all’uso di un esercizio come atto figlio di un piano industriale che «fa pagare solo ai lavoratori e ai cittadini il debito di ATAC; i lavoratori lo pagano sulla loro salute e sulla loro sicurezza; i cittadini lo pagano con i disservizi che tutti i giorni sono costretti a subire, per mancanza di autobus, situazione nettamente peggiorata dal 9 marzo, quando sono stati licenziati 140 lavoratori dell’azienda CORPA, appalto ATAC che assicurava la manutenzione su strada ai bus guasti».
    Del resto, il doveroso ricorso all’utilizzo di tutti gli strumenti democratici per far valere i propri diritti non può che naturalmente finire per avere un peso negativo sulla quotidianità di un numero impressionante di persone abituate all’uso dei mezzi pubblici.
    Una delle conseguenze, con le metro ferme ed i ritardi dei bus e ferrovie in stop, è naturalmente come di consueto il traffico. Anche in quella occasione, come capita sempre in giornata di sciopero, fin dalle prime ore della mattina, il traffico sulle principali arterie della Capitale si era congestionato. In particolare il Grande Raccordo Anulare ingorgato per l’incremento di auto; code sulla Cassia e sulla Roma-Fiumicino, ma anche in esterna, dalla Casilina alla via del Mare, come sull’A24 e Tangenziale Est e sulla immancabile strada Pontina.