Home ATTUALITÀ BREAKING NEWS Migranti, Sea Watch, continua la querelle

Migranti, Sea Watch, continua la querelle

Nuovo capitolo della controversa e intricata querelle sui migranti e, in particolar modo, connessa all’affaire Sea Watch. La nave, con rotta verso Lampedusa, ha di nuovo attirato l’attenzione di Matteo Salvini.

Il ministro dell’Interno e vice premier ha tuonato: “Non entri in acque italiane”. E una nota del Viminale ha chiarito il concetto: “Le Autorità di polizia intimino al comandante il divieto di ingresso” si legge.

Sea Watch, caos Migranti: Salvini si irrigidisce, nave verso Malta

La nave della ong tedesca Sea Watch, come è noto, nelle scorse ore ha tratto in salvo 53 migranti in acque libiche. Ma in seguito al rifiuto di sbarcare i naufraghi a Tripoli, ha preso a riprendere la rotta verso l’isola siciliana. E da quel momento sono scattate le contestazioni da parte del leader del Carroccio.

Stando alla nuova direttiva dunque si diffida la Sea Watch all’ingresso in acque italiane. Il documento ha la firme del ministro dell’Interno Matteo Salvini questo pomeriggio.

Nelle ore in cui la ong tedesca si dirigeva verso Lampedusa, il provvedimento intimava alle autorità di polizia di vigilare sul comandante della nave di modo che si attenesse “alle vigenti normative nazionali e internazionali.

L’intento è chiaro: impedire alla Sea Watch, come in precedenza, a entrare in acque nazionali italiane. Inoltre Salvini ha informato di aver parlato col premier maltese Muscat per studiare una mutua strategia volta a contrastare il traffico di migranti e a prevenire la perdita di vite umane nel Mediterraneo.

Salvini e Muscat mirano a sostenere le Autorità libiche nelle operazioni di soccorso in mare

Aggiornamento ore 06,41

La querelle tra il ministro dell’Interno e la Sea Watch è ritornata in auge in queste ore. E’ successo quando la nave con 53 migranti tratti in salvo in acque libiche, non è tornata a Tripoli. “Dovete sbarcare a Tripoli” aveva detto Salvini. Che poi sui social chiariva: ”La nave illegale, dopo aver imbarcato 53 immigrati in acque libiche, si trova ora a 38 miglia dalle coste libiche, a 125 miglia da Lampedusa, a 78 miglia dalla Tunisia e a 170 miglia da Malta. Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente”.

Stando a questa visione, dunque la Sea Watch ha disubbidito. Dopo aver cambiato rotta si è diretta verso Lampedusa. Nel corso delle variazioni di rotta, il comandante della Sea Watch ha chiarito il rifiuto dicendo che secondo le norme “noi siamo obbligati a trasportare le persone soccorse in un posto sicuro” ma non un  posto in cui “le persone soccorse sono sotto una fondata minaccia di persecuzione o maltrattamento non può essere considerato un porto sicuro, secondo la legge internazionale del mare”.

Di conseguenza per la Sea Watch “Tripoli non è un porto sicuro. Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine. È vergognoso che l’Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici” hanno dichiarato dalla Sea Watch.

Interagendo su twitter e diffondendo una comunicazione diretta alla Marina libica, il capitano della Sea Watch sottolinea poi come la nave “batte bandiera olandese ed è obbligata ad aderire alle leggi olandesi e internazionali riguardanti la ricerca e soccorso di persone in mare”. E aggiungendo: “non possiamo sbarcare le persone soccorse in un porto libico né indirettamente a un’altra nave diretta in Libia”.

Aggiornamento ore 09.41

Il motivo per cui il comandante della Sea Watch 3, non intende far sbarcare i migranti a Tripoli è, come emerge della comunicazioni inviate, che “vengono portati nei centri di detenzione dove essi affrontano arbitraria e illimitata detenzione, dove i diritti umani di base non sono rispettati e dove è ampiamente documentato che essi sono esposti ad alto rischio di abuso, incluso maltrattamenti, tortura, lavori forzati, sfruttamento sessuale”.

Pertanto il capitano chiede uno sbarco che assicuri “la salvezza dei migranti, senza ulteriormente prorogare il loro viaggio in mare”.

Ma Salvini non ci sta. “Sea Watch non vuole portarli in Libia? Allora spieghi perché ha chiesto a Tripoli un porto sicuro. E perché, dopo la risposta positiva, ha atteso per ore davanti alla costa africana. Aveva il via libera allo sbarco, l’atteggiamento della Sea Watch sembra un vero e proprio sequestro di persona per motivi politici. Polemizza col Viminale sulla pelle degli immigrati”.

La querelle è andata avanti quando i legali della ong hanno detto di essere stati “diffamati da Salvini”. I legali della Ong, Alessandro Gamberini e Leonardo Marino, hanno comunicato quanto segue: “A seguito del soccorso di 53 naufraghi da parte della Sea-Watch 3 il ministro Salvini ha rilasciato, ancora una volta, innumerevoli dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa insultando la Ong e l’operato della sua nave; operato che si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio. Occorre precisare che le autorità libiche non hanno dato alcuna indicazione alla nave della ONG da noi rappresentata la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico”.

Salvini ha controreplicato: “Che paura. Per gli scafisti e i loro complici, i porti italiani sono e rimangono chiusi”. Poi la situazione è evoluta nelle ore successive.

La Sea Watch 3 con a bordo 52 migranti salvati e ormai a poche miglia da Lampedusa ha virato verso est, in direzione di Malta. La nave accusata da Salvini di “sequestro di persona” però non ha ancora dato chiari segnali di una direzione definitiva. Pare, negli ultimi minuti, infatti, che abbia ripuntato i radar in direzione Italia.

Aggiornamento ore 11,57