MILANO – INCAPPATO NELL’ALT DI UNA PATTUGLIA ANIS AMRI, IN FUGA DELLA GERMANIA, INGAGGIA UN CONFLITTO A FUOCO E RIMANE UCCISO. FERITO UN AGENTE. L’IS: ‘UN NOSTRO SOLDATO’

Erano circa le 3 della scorsa notte, proveniente dalla stazione ferroviaria di Sesto Giovanni, hanno notato quel giovane scuro, infagottato con uno zaino a tracolla che attraversava piazza Primo Maggio. Gli agenti della pattuglia hanno così deciso di fermarlo per un controllo. Alla richiesta dei documenti e di dove fosse, mentre in un italiano incerto rispondeva “di Reggio Calabria”, il giovane ha messo mano allo zaino come se stesse per prendere i documenti. In realtà ne ha tirato fuori una pistola (una calibro 22,), ed al grido di “Poliziotti bastardi, Allah Akbar” ha aperto il fuoco contro uno degli agenti, Christian M., colpendolo fortunatamente ad una spalla. Questioni di riflessi: il suo collega, Luca S. 29enne da pochi mesi in servizio, ha avuto i riflessi di capire al volo la situazione e, senza esitare, ha aperto il fuoco contro il magrebino, che è immediatamente crollato a terra. Gli agenti hanno tentato inutilmente di rianimarlo, mentre nel frattempo giungevano sul posto altre volanti e gli uomini del 118. Essendo senza documenti, sono stati poco dopo gli uomini della Digos a risalire alla sua vera identità attraverso le impronte digitali: si trattava di Anis Amri, il terrorista ricercato per la strage di pochi giorni fa a Berlino. Gli investigatori hanno poi ricostruito che il terrorista di Berlino sarebbe arrivato in treno: nello zaino aveva un biglietto ferroviario dalla Francia per l’Italia. Prima di arrivare a Milano avrebbe fatto tappa a Torino dove era arrivato da Parigi. Come ha poi riferito ai media Antonio De Iesu, questore di Milano, Anis Amri è “sicuramente passato dalla Francia e all’una era in stazione centrale a Milano. L’unica cosa che posso dirvi è questa, altri dettagli sono materia di indagine. In ogni caso se fosse stato libero di portare avanti la sua latitanza, non sarebbe escluso che avrebbero potuto provocare altri delitti simili, con molti morti: la sua pistola era “già carica e pronta all’uso”. Il tunisino non aveva con se un telefono addosso, ma molto probabilmente era giunto a Sesto San Giovanni dove poteva presumibilmente avere dei contatti, qualcuno in grado di nasconderlo per qualche tempo. Per l’uccisione sono stati aperti due fascicoli di indagine. Uno dalla Procura di Monza e relativo alla sparatoria di questa notte e un altro dalla Procura di Milano per il 270 bis, terrorismo internazionale. L’inchiesta è a carico di ignoti e si cercano eventuali complici. Appresa la notizia il premier Gentiloni si è congratulato sia con il Capo della Polizia sia con il Questore di Milano per l’operazione e per il lavoro che svolgono le forze di sicurezza sul territorio. Così come, dalla Germania, “Sollievo” è stato espresso dal portavoce del ministero dell’Interno tedesco. “Siamo in stretto contatto con le autorità italiane, siamo interessati a capire se l’arma che Amri aveva a Milano sia la stessa usata nell’attacco di Berlino”, ha dichiarato ai giornalisti Peter Frank, capo della procura federale tedesca. “Vogliamo capire come sia riuscito ad arrivare a Milano e se abbia avuto l’assistenza di complici”, ha aggiunto sottolineando che l’inchiesta su Amri continua, per determinare “quali contatti abbia avuto nella fase di preparazione dell’attacco e se qualcuno gli ha fornito soldi e l’ha aiutato a scappare, determinare se vi sia una rete di complici, questo è il punto chiave dell’inchiesta – anche perché, ha tenuto a sottolineare Frank – La rivendicazione dello Stato Islamico è piuttosto vago”. Intanto dalla Tunisia, raggiunto dai media locali, uno dei fratelli del terrorista ucciso si è trincerato dietro un “Siano sconvolti e tutta la famiglia sta male. No comment”. Poche ore dopo la notizia della morte del terrorista, l’agenzia di stampa del Califfato, ‘Amaq’, ha diffuso un video in cui Amri giura fedeltà all’organizzazione terroristica prima di entrare in azione nella capitale tedesca. Rita Katz, cofondatrice di ’Site’, sito che monitora i media jihadisti, spiega che il video-testamento di Amri è stato pubblicato da Amaq pochi minuti dopo che la stessa agenzia, megafono dell’Is, ha ammesso la sua uccisione a Milano. L’attentatore sarebbe legato all’imam radicale Abu Walaa.