Home ATTUALITÀ Musk rischia di finire in tribunale per l’affare Twitter

    Musk rischia di finire in tribunale per l’affare Twitter

    (Adnkronos) –
    Scrive su Twitter per spiegare le motivazioni per cui ha fermato la sua offerta su Twitter. Già partendo da qui, l’operazione di Elon Musk sul social network assume le caratteristiche di una storia tutta particolare. E sufficientemente anomala per gli schemi abituali della finanza. Il patron della Tesla vuole porsi come il primo degli utenti e affida la sua comunicazione esclusivamente ai tweet. Anche oggi che la questione è diventata molto tradizionale, si sta sostanzialmente ragionando su problemi che possono contribuire ad abbassare il prezzo da pagare o far saltare l’affare, resta fedele alla linea. “La mia offerta era basata sul fatto che i filing di Twitter alla Sec fossero accurati”, ha messo nero su bianco in un tweet, aggiungendo che ieri il Ceo del social network, Parag Agrwal, “ha pubblicamente rifiutato di provare che siano inferiori al 5%” gli account fake o quelli spam. Poi, in maniera ancora più esplicita, avverte: “Questa operazione non può andare avanti fino a quando non lo farà”. Musk si è detto convinto che i profili passi “possono essere di più” del 20%, un dato che è già quattro volte quello indicato dal social network.  

    Il registro e le modalità di comunicazione di Musk lasciano aperti anche una serie di possibili sviluppi legali. Come ha spiegato puntualmente un altro tweet. “L’ufficio legale di Twitter ha appena chiamato per lamentarsi perché ho violato il loro accordo di non divulgazione rivelando che la dimensione del campione del controllo sugli account falsi è 100! È successo davvero” ha scritto il patron di Tesla dal suo account. Del resto, le critiche al funzionamento del social network sono costantemente aggiornate da Musk. L’ultima in ordine cronologico è quella che chiama in causa un tema storicamente sensibile, la fiducia, e adombra il rischio che gli utenti “possano essere manipolati dall’algoritmo”. La successiva puntualizzazione non neutralizza l’effetto potenzialmente dirompente di quello che dice. “Non sto suggerendo che ci sia malizia ma che nel tentare di immaginare cosa volete leggere manipola o amplifica inavvertitamente il vostro punto di vista senza che voi lo realizziate”, spiega Musk. 

    Quello che è certo è che dopo la sospensione dell’affare da 44 miliardi tutti si stanno chiedendo dove voglia effettivamente arrivare Elon Musk. Molti sono convinti fin dall’inizio che in realtà non sia effettivamente interessato a chiudere l’acquisto. Altri che si sia reso conto che il prezzo è troppo alto e che stia cercando di abbassarlo. Nel primo caso, la polemica sugli account falsi sarebbe l’escamotage per svincolarsi; nel secondo, la leva per chiedere uno sconto sostanziale sul prezzo finale.  

    In un caso o nell’altro, il piano legale resta cruciale. E si torna alle modalità sui generis dell’intera operazione. Il patron di Tesla ha rinunciato all’abituale due diligence che si fa prima di arrivare a un’offerta vincolante. La fretta, e la semplificazione delle procedure, non aiutano a blindare operazioni come questa. C’è una clausola che prevede il pagamento di un miliardo di dollari da parte di Musk nel caso di un passo indietro e la possibilità che, se le cose si dovessero mettersi male, l’imprenditore possa essere chiamato a rispondere in tribunale della leggerezza della sequenza di informazione date al mercato, rigorosamente via tweet, appare fondata.  

    Eloquenti, anche se molto più misurate rispetto ai cinguettii del patron della Tesla, le parole dell’amministratore delegato di Twitter Agrwal: “Anche se mi attendo che l’accordo si chiuda dobbiamo prepararci a tutti gli scenari e fare sempre quello che è giusto per Twitter”. Uno scenario che non esclude “decisioni difficili”, qualora si rendessero necessarie.  

    È utile a questo punto tornare alle prime dichiarazioni di Musk, le uniche affidate a un documento ufficiale, il file inviato alla Sec per l’opa. “Ho investito in Twitter perché credo nel suo potenziale di poter essere la piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo. Credo sia un imperativo sociale per una democrazia funzionante”. Quindi, un impegno ammantato di una nobile missione ideologica. Subito dopo, però, Musk ha lanciato la sua sfida all’esistente, come ha sempre fatto, guadagnandosi una fama mondiale per il suo approccio visionario. “Da quando ho fatto il mio investimento, mi sono reso conto che l’azienda non prospererà né riuscirà a rispondere a questo imperativo sociale nella sua forma attuale”. Musk indicava anche il percorso che andava compiuto, quello del delisting, perché “Twitter deve essere trasformata in un’azienda non quotata”. Idee chiare e anche un atteggiamento piuttosto aggressivo. Se l’offerta non dovesse essere accettata, “dovrei riconsiderare la mia posizione di socio. Twitter ha un potenziale straordinario, lo sbloccherò”. Ancora, quindi, l’alternarsi di proposta e minaccia in un equilibrio sottile. 

    Oggi che l’offerta è stata accettata e che il progetto visionario potrebbe trovare una realizzazione lineare, tutto è tornato in discussione. Per ora, per il problema degli account falsi. In attesa del prossimo tweet.  

    (di Fabio Insenga)