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Nek contro Bibbiano… e gli rinfacciano ‘In te’…

“Ho espresso un pensiero su una vicenda che mi stava a cuore, e che ritengo importante. Sono stato oggetto di critiche, giudizi, insulti, strumentalizzazioni e forzature. Me ne faccio serenamente una ragione. E certo non mancherò di esprimermi ancora ogniqualvolta ne sentirò il bisogno. Se qualcuno ritiene di voler usare le mie canzoni per riempire ‘angolini satirici di fianco alle parole crociate’, lo facesse. Contento lui. Ci mancherebbe”.

Così Nek, costretto suo malgado a replicare, dopo che un suo intervento di denuncia contro l’orribile vicenda dei bambini di Bibbiano, ha addirittura sollevato dure critiche nei suoi confronti.
L’artista infatti è stato a sua volta messo all’indice perché nel 1993 si ‘era permesso’ di cantare una canzone definita antiabortista: ‘In te‘, dove la ragazzina rimasta incinta, comprensibilmente spaventata, preferirebbe forse abortire, ma lui vorrebbe invece diventare papà – e dunque prendersi le sue responsabilità crescendolo – e cerca di convincerla a ripensarci.
Ora premesso che cogliere una relazione attraverso un pensiero, una posizione – per altro nell’ambito di una canzone – rispetto a una tragedia sociale (come appunto è quella di Bibbiano) fondata su un clamoroso default delle istituzioni, è quanto meno azzardato. Poi, che significa? In realtà come accade da sempre, quanti si arrogano il diritto di criticare e sentenziare sotto l’egida di una precisa ideologia, per altro discutibile (e purtroppo, paradossalmente ‘integralista‘), pensano di poter ‘catalogare‘ persone, culture od artisti in funzione delle affinità che gli stessi ricalcano rispetto a chi scrive. In poche parole in tali ambiti, chiunque mostri idee o pensieri differenti (proprio a ‘loro’ che fingono di difendere le minoranze), come per incanto un essere umano, entità a se stante, subisce una sorta di degradazione, al pari di un oggetto o una cosa, divenendo una casella excel alla quale affidare una sorta di ‘black list‘.
In particolare, tra le critiche destinate a Nek, l’articolo di Luca Bottura in cui viene scritto che “Filippo Neviani, in arte Nek esordì a Sanremo con una canzone antiabortista che risulta tutt’ora nella lista dei crimini contro l’umanità, dopo Nagasaki e Hiroshima ma comunque prima del gelato gusto Puffo”.

Come spesso accade in realtà – vecchia tattica, in quanto il veleno viene puntualmente addolcito con una battutina, possibilmente radical chic – quando un artista, come usano ‘snobbare’ in certi ambienti, ‘confenziona un prodotto commerciale‘ (cioè di facile comprensione e musicalmente orecchiabile), per taluni è automaticamente sinonimo di spazzatura. Basterebbe soltanto pensare, lo scorso febbraio, alle invettive di alcuni ‘critici’ della stampa stampa urlate all’indirizzo de Il Volo. E’ toccato a tutti, da Baglioni a Ramazzotti, dai Matia Bazar alla Pausini. Critiche poi puntualmente smentite dai numeri da record registrati negli anni in termni di dischi e concerti.
Ed infatti Nek, forse informato dal fatto che tali critiche riguardano poi chi non ama la musica ma se ne serve, ha aggiunto: “Paragonare una mia canzone di 25 anni fa a un crimine contro l’umanità, uno di quelli veri… Ma certo, è normale, si fa, è satira! Tirare fuori addirittura i lager e Salò. Ok, è sempre satira! Ma sarà davvero satira accostare tutto questo? Non discuto la critica. Sono quasi 30 anni che ci sono abituato. Né tanto meno, quando è attinente, la satira. Evviva la libertà di espressione, del signor Bottura, della stampa, quella di ognuno di noi, ma anche la mia. Una canzone che legittimamente può o non può piacere, con eventi e tragedie che hanno segnato la storia di tutti noi? Bah!! Passo e chiudo”.
Max