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New York, un uomo aggredisce in strada una donna di origine asiatica. L’America deve fare i conti con se stessa

Ieri mattina, martedì 30 marzo, un uomo ha preso a calci una donna in una strada di Manhattan, nel cuore di New York. La donna, di origine asiatiche, è stata ricoverata in ospedale riportando gravi ferite. L’aggressione, avvenuta di fronte testimoni immobili, è stata ripresa da una telecamera di sorveglianza di un negozio. Secondo quanto riferito dalla polizia, l’uomo, un afroamericano di grossa corporatura, avrebbe rivolto alla vittima insulti razziali. “Non appartieni a questo posto”. L’aggressore è stato arrestato.

Chi appartiene a questo posto nel Paese delle opportunità, delle libertà e del progresso? Una domanda che dovrebbero chiedersi gli americani. Nei giorni in cui si sta svolgendo il processo nei confronti di Derek Chauvin, l’agente che ha ucciso a maggio il 46enne afroamericano George Floyd, l’America prova a fare i conti con il razzismo sistemico. Lo fa a modo suo, in pompa magna (com’è giusto che sia data l’importanza), in diretta Tv, coinvolgendo il più possibile il telespettatore che si aspetta giustizia.

Ma per le strade va in scena una testimonianza di brutalità insensata. Casi isolati tra loro, sconnessi, ma sempre e da sempre ricorrenti. È di pochi giorni fa la sparatoria di Atlanta, dove otto donne sono stati uccise in diversi centri massaggi. Sei di loro erano asiatiche. Ancora una volta il movente razziale sullo sfondo, non confermato però dall’omicida che ha legato la strage a “problemi con la gestione di impulsi sessuali”.

Qualunque sia il movente nella triste vicenda, dall’inizio del 2020 a oggi le aggressioni nei confronti degli asiatici sono state circa 4mila a livello nazionale. La diffusione del Covid non ha fatto che esacerbare, evidentemente, un atteggiamento piuttosto diffuso. Stupisce nella società americana, tra le più multietniche al mondo, il razzismo trasversale nei confronti delle minoranze. L’intolleranza verso il diverso. La crisi economica e la “cattiva” politica, probabilmente,  hanno esasperato settarismo e fanatismi di ogni genere. Ma l’America, se vorrà imparare dagli errori commessi nel tempo, non dovrà essere patria di revisionismo per scopi diversi da quelli storici, ma garantire uguaglianza formale, sociale e forse culturale. Aspetti affatto secondari per una futura coesione sociale.

Mario Bonito