Gli uomini della squadra mobile di Torino, hanno arrestato uno dei killer nel caso dellassassinio del giudice Bruno Caccia, ucciso il 26 giugno del 1983. Larrestato viveva a Torino e faceva il panettiere in borgata Parella, ma le indagini, coordinate dalla procura di Milano, hanno rivelato collegamenti con Domenico Belfiore, considerato il mandante dellomicidio maturato nellambiente della ndrangheta. Larresto è stato compiuto con un trucchetto, quando Belfiore è uscito dal carcere e finito ai domiciliari (per motivi di salute), la squadra mobile, ha potuto ricostruire i rapporti con Rocco Schirripa, mai nominato nellinchiesta sul delitto Caccia, ma poi scoperto, esecutore materiale dellomicidio. Lo stratagemma, messo in atto dagli uomini della squadra mobile, è stato semplice ed efficace: sono state spedite alcune lettere anonime a persone della cerchia di Belfiore e allarrestato, ritenuto legato all’omicidio, ma mai comparso sul registro degli indagati. Gli inquirenti, hanno recapitato la fotocopia dell’articolo del giornale ’La Stampa’, relativo al coinvolgimento di Belfiore nell’omicidio del procuratore Caccia con sopra il nome dell’arrestato. E bastato questo per scatenare panico allinterno della cosca su chi avesse potuto rivelare quel nome. Le intercettazioni ed i messaggi scambiati tra i personaggi noti, hanno chiarito il resto. E così si è potuto arrivare alla svolta: larrestato, a distanza di 32 anni, è effettivamente luomo sceso dallauto a pochi passi dalla abitazione del procuratore, ed è colui che ha esploso il fatale colpo alla testa.
D.T.