PD: IL ’VECCHIO’ ZINGARETTI, IL ’NUOVO’ EMILIANO, O I MINISTRI RENZIANI? AL VIA IL ’TOTO- LEADER’

Al momento, salvo inaspettate ’acclamazioni’, l’unica certezza è rappresentata dal fatto che, fino all’assemblea nazionale di metà aprile, sarà designato Maurizio Martina a prendere le redini del partito. Tuttavia i tempi sono stretti: l’avvento della legislatura impone infatti al Pd di ricompattarsi quanto prima e, soprattutto, di individuare una figura in grado di rilanciarlo. Dunque, la Direzione di oggi al Nazareno, inevitabilmente si propone come una sorta di ’fase conoscitiva’ nell’ambito dell’inevitabile corsa alla leadership. Incassato l’atteso addio di Renzi ora ci si guarda intorno per capire da dove e con chi ripartire .La cosa ’curiosa’ è che in questi giorni, come aspiranti candidati, vengono indicati presidenti di regione, o ministri. Intanto Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, avrebbe accantonato da subito rinunciato alla corsa: “Io non mi candido a fare il numero uno, ho incarico istituzionale ma se serve una mano la posso dare in questa fase”. Al momento tra i più papabili, soprattutto fra coloro legati alla ’vecchia guardia’, si staglia il neo governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il quale non ha nascosto le sue velleità interne al Pd. C’è poi da tenere d’occhio Michele Emiliano, che ha già annunciato la sua ricandidatura alle primarie dem. Tuttavia a rendere ’affrettata’ l’eventualità di consegnare la leadership al presidente della Puglia, è la sua più volte ventilata disponibilità a discutere su eventuali alleanze pe costituire una Maggioranza. Lui intanto ha tenuto a sottolineare che “Non è ancora cominciata la procedura di lancio del congresso. Vediamo” e, quanto a Zingaretti ha poi tenuto a precisare che,”se è necessario, perché non ci sono altre possibilità, tutti sono candidabili. D’altra parte abbiamo avuto un segretario-premier, sarà più facile ancora fare un segretario-presidente di Regione. Anche perché, se dicessi il contrario, mi escluderei dal novero dei candidati”. Tra i renziani di ferro da porre alla guida del Pd, qualcuno aveva invece indicato il ministro per le Infrastrutture, Graziano Delrio (che continua però ad affermare di non essere interessato alla cosa) , e quello dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, iscrittosi da pochi giorni al Partito Democratico (per “risollevarlo”, ha sottolineato), che ha più volte negato l’intenzione candidarsi: “Non mi candido a fare il segretario del Pd, chi arriva da tre giorni in un partito e dice di voler fare il segretario è un buffone. Chiunque eleggeranno sarà meglio di me perché conosce meglio di me il partito – ha ribadito il ministro dello Sviluppo – Perché il dato è che non ci sarà più la persona decisiva ma una riscossa di tutti, o non ci sarà riscossa”.
M.