Home ATTUALITÀ Pensioni verso quota 102 nel 2022, Lega soddisfatta

    Pensioni verso quota 102 nel 2022, Lega soddisfatta

    Manovra 2022, quota 102 per un solo anno, il 2022, con un fondo ad hoc per accompagnare i lavoratori che finirebbero per essere penalizzati dai nuovi requisiti. A cabina di regia sulla manovra ancora in corso a Palazzo Chigi, fonti di governo hanno confermato all’Adnkronos che è questa la formula sulle pensioni che dovrebbe essere riportata nella legge di bilancio che approderà oggi sul tavolo del Cdm. 

    Soddisfatta la Lega, contraria a un ritorno alla legge Fornero, visto che si va verso la pensione a 64 anni (anziché 67) mantenendo 38 anni di contributi. Oltre al fondo ad hoc di 500 milioni per accompagnare alcune categorie all’uscita anticipata dal mondo del lavoro con le regole di Quota 100. 

    Fonti di governo avevano confermato che la cosiddetta ‘quota 41′ sarebbe stata la proposta che la Lega si apprestava ad avanzare in cabina di regia. Si tratta di un ’41 quota fissa’, avevano spiegato fonti di governo, nel senso che i 41 anni di contributi vanno abbinati ai 62 anni di età, col risultato di un quota 103 con criterio di contribuzione che resta sostanzialmente fisso. Questo per il 2022, perché per il 2023 l’impianto proposto dalla Lega, e a cui lavora in prima linea l’ex sottosegretario al Mef e attuale responsabile del Lavoro per il Carroccio Claudio Durigon, prevede schema 63+41, che, numeri alla mano, fa 104. 

    Il Pd dal canto suo ha chiesto di andare avanti nel dialogo con le parti sociali su pensioni e fisco. Questa la richiesta avanzata dai dem, a quanto si apprende da fonti di governo, nella cabina di regia. Nel pomeriggio anche Roberto Speranza aveva chiesto di andare avanti nel dialogo. “Mai come oggi al Paese serve unità. Dobbiamo continuare a dialogare con i sindacati e le forze sociali”, ha detto il capodelegazione di Leu, intercettato dall’Adnkronos alla Camera. 

    “Noi abbiamo proposto di migliorare la legge Fornero proprio per rispondere” alle esigenze “dei giovani con la pensione di garanzia, con un lavoro stabile e non precario, riconoscendo la gravosità dei lavori che non sono tutti uguali, introducendo il diritto a 62 anni di scegliere di potere andare in pensione, di riconoscere il lavoro di cura e di riconoscere la differenza femminile che in questi anni non é stata riconosciuta”, ha affermato il leader della Cgil, Maurizio Landini, parlando al TG1. 

    “Sono un genio compreso, purtroppo, e per questo voglio condividere con voi una proposta semplice, equa e sostenibile che potrebbe mettere d’accordo tutti sul tema pensioni. Dal 1996 il sistema pensionistico del nostro paese è di tipo contributivo, ovvero: si va in pensione con i contributi maturati. Prima era di tipo retributivo, in media più generoso, si andava in pensione sulla base delle ultimi retribuzioni percepite a fine carriera, sicuramente più alte (a volte anche artificialmente aumentate a fine carriera…). Il problema del sistema pensionistico oggi è rappresentato dal sistema misto: cioè lavoratori con il modello retributivo e quello contributivo, un problema che avremo fino al 2035”. Così Beppe Grillo, in un intervento sul suo blog sul tema pensioni. 

    “La soluzione a questo dilemma c’è, ed è molto semplice, ed è stata proposta anche dall’Inps recentemente: permettiamo ai lavoratori del sistema misto di andare in pensione a 63 anni con la quota contributiva maturata fino ad oggi, e diamo loro al compimento dei 67 anni, l’età ordinaria di vecchiaia, la parte retributiva”, suggerisce il garante M5S. “Una scelta”, prosegue Grillo, “che farebbe felici quelle persone che vogliono flessibilità, che hanno necessità o voglia di andare in pensione prima, perché subiscono mobbing, perché sono stanchi, perché fanno un lavoro pesante e non sono in grado di arrivare a 67 anni. Ma farebbe felice anche la sostenibilità finanziaria: infatti i lavoratori andrebbero in pensione anticipata con quello che hanno maturato. Si combinerebbe dunque umanità e sostenibilità finanziaria. L’anticipo pensionistico infatti non penalizza definitivamente quei lavoratori, perché avranno la parte retributiva, come previsto, a 67 anni”.