Primarie Pd, tensione tra gli sfidanti Zingaretti e Minniti

    È già entrata nel vivo la partita per le primarie del Partito Democratico, prevista a febbraio 2019. Tensione, competizione e anche frecciatine: questo il clima che si respira e ne dà prova in primis il favorito Nicola Zingaretti che non ha perso tempo per replicare allo sfidante Minniti. L’attuale governatore del Lazio annuncerà in settimana la sua corsa già preceduta da un manifesto di sindaci a suo favore, con un altro appello di primi cittadini. Sono 200 gli amministratori che sostengono “Piazza Grande”, la proposta del governatore Pd del Lazio e candidato alle primarie al congresso del partito.
    “Dobbiamo cambiare, cambiare per ricostruire una proposta alternativa a chi ha vinto sulle paure dei nostri concittadini e ci sta facendo tornare in un nuovo medioevo dei diritti e delle libertà con una deriva nazionalista e razzista”. Tra i sindaci delle città principali, Virginio Merola – sindaco di Bologna -, Carlo Marino – sindaco di Caserta -, Michele De Pascale – sindaco di Ravenna -, Esterino Montino – sindaco di Fiumicino, Alessandro Tambellini – sindaco di Lucca. “Nicola è uno di noi e conosce la fatica e la passione che ogni giorno mettiamo in campo per il bene comune, al servizio delle nostre comunità”.
    Sindaci vuol dire chi è più vicino a cittadini, territori, periferie. Non stupisce che i candidati partano da queste figure per lanciarsi nella sfida. I primi cittadini, poi, sfuggono meglio di altri alle categorie ideologiche. Così si capisce che Zingaretti non ci sta a farsi confinare nel recinto di “quello di sinistra” contrapposto al candidato riformista Minniti, come vorrebbe fare proprio l’ex ministro dell’Interno. Infatti il governatore risponde proprio su questo punto ai sostenitori.
    E rivendica il suo profilo vincente. “Grazie a chi ha aderito e a chi lo farà. Io sono un amministratore – dice Zingaretti – che, con il riformismo, ha provato in questi anni ad affrontare e risolvere i problemi delle persone della mia comunità. E forse ho vinto anche per questo. Ora insieme dobbiamo avere il coraggio di cambiare”. Ci sono dunque, in queste poche righe, già tre elementi del duello con Minniti. Il riformismo che non è monopolio di nessuno. Le tante elezioni vinte nella storia politica del presidente del Lazio. E il cambiamento per sottolineare che chi rischia di diventare il candidato di Renzi non può rappresentare una nuova stagione. E non siamo ancora a domenica, quando l’assemblea nazionale segnerà il via ufficiale dello scontro interno.