PROCURA FIORENTINA INDAGA NUOVAMENTE BERLUSCONI SULLE STRAGI DEL ’93

    In merito alle stragi mafiose del 1993, è di queste ore la notizia che a Firenze è stata avviata un’inchiesta relativa ai mandanti ’occulti’, per la quale sarebbero nuovamente spuntati i nomi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Un fatto che ha sollevato l’immediata replica dell’avvocato Niccolò Ghedini il quale, attraverso na nota, ha replicato: ’’Puntualmente e come sempre da oltre 20 anni, a ridosso di una competizione elettorale a pochi mesi dalle elezioni nazionali e proprio nel giorno in cui il presidente Berlusconi sarà in Sicilia, a mezzo stampa senza che in alcun modo siano stati previamente avvisati il diretto interessato o i suoi legali, è stata pubblicata, con grande risalto, la notizia di una nuova indagine nei suoi confronti. E, come di consueto – osserva l’avv. del Cavaliere – mai si potrà sapere chi ha propalato la notizia, ovviamente coperta da segreto, ai giornalisti. E questa sì che è un’indagine che non dovrebbe comportare particolari complessità per individuare il o i responsabili. Sarà interessante verificare se il ministro Orlando vorrà contribuire, mediante i mezzi ispettivi di cui dispone, a far luce sul grave episodio, anche tenuto conto che, a tenore delle stesse fonti giornalistiche il nome del presidente Berlusconi nel registro degli indagati sarebbe stato addirittura segretato dalla Procura di Firenze. È comunque altrettanto evidente che l’ennesima indagine non potrà che concludersi con una rapida archiviazione, così come già avvenuto in passato, non essendovi alcun reale elemento di novità ed essendo la totale estraneità del presidente Berlusconi più che conclamata e avvalorata dalle plurime precedenti archiviazioni nonché da altrettante plurime sentenze di merito e della Corte di Cassazione. Del resto – conclude il l’avvocato e senatore di Fi – solo ipotizzare che il Presidente Berlusconi possa in alcun modo essere coinvolto nelle vicende in oggetto è talmente assurdo che qualsiasi commento diviene superfluo’’. Dal canto suo, commentando la riapertura dell’indagine, l’avv. Giuseppe Di Peri, legale dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, ha affermato che “non porta nessun ulteriore supporto probatorio, la prova è inconsistente e non genuina”, in quanto il boss Giuseppe Graviano “sapeva di essere intercettato in carcere”. Al centro della riapertira dell’inchiesta da parte della Procura fiorentina (per la quale il gip ha autorizzato la riapertura del fascicolo, archiviato nel 2011), la richiesta di nuovi accertamenti alla Direzione investigativa antimafia in merito sulle intercettazioni registrate in carcere del boss Giuseppe Graviano. Lo scorso anno, dialogando con il codetenuto Umberto Adinolfi, Graviano ha affermato: “Novantadue già voleva scendere… e voleva tutto”, una frase che secondo la Procura lascia intendere che il soggetto era Silvio Berlusconi. Inoltre il boss avrebbe anche affermato: : “Berlusca… mi ha chiesto questa cortesia… (…) Ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni … in Sicilia …”. Dialoghi che l’accusa che ha trascritto e depositato nell’ambito del processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Graviano lascia intendere di presunti favori fatti che io leader di Forza Italia avrebbe fatto a Cosa nostra la quale, avrebbe poi ricambiato attraverso le stragi del 1992 e del 1993. Ma la difesa di Dell’Utri, ha dimostrato che la parola ’Berlusca’ non sarebbe mai stata pronunciata, l’avvocato Giuseppe Di Peri ha inoltre spiegato che nelle intercettazioni in carcere tra Graviano e Adinolfi “i due dimostrano di sapere di essere ascoltati. Ecco perché le prove che sono state inviate, sia a Firenze che a Caltanissetta, non sono genuine. Al vaglio della valutazione del giudice sono inconsistenti. E’ stata un’inchiesta estremamente approfondita, sia a Caltanissetta che a Firenze – aggiunge il legale – e non ha portato a nulla. Questo invio di atti che contiene delle conversazioni, evidentemente veicolate per chi doveva ascoltare, non porta nessun ulteriore supporto probatorio. Sono indagini chiuse anni fa e non hanno portato a nulla, e ora vengono riaperte sulla scorta di alcune conversazioni i cui interlocutori sapevano benissimo di essere ascolti”. Secondo Di Peri “la riapertura dell’inchiesta è quasi obbligata, che però possa portare a qualcosa è assolutamente impensabile, perché non è una prova qualificata, come abbiamo dimostrato con la nostra consulenza, una prova non genuina”. In effetti ci sono poi da considerare alcune intercettazioni in possesso dell’agenzai di stampa Adnkronos relative al 2 febbraio 2016, dove Graviano dice all’Adinolfi: “E cosa ti ho spiegato io? Dall’altra volta hanno messo le telecamere nel passeggio dove andiamo noi. Come queste di qua che ascoltano tutto quello che diciamo”. “Perché sono messi dagli spioni”. Poi, in un’altra circostanza, sempre sulle telecamere Adinolfi osserva che “Già le cambiarono qualche mese fa le telecamere, io le ho viste da sopra”, e Graviano: “Forse non mi sono spiegato, un mese fa hanno messo questa. E’ quella del primo passeggio”. Il giorno dopo, I3 febbraio 2016, il boss dice ancora ad Adinolfi: “Sì, Umbe’, ci hanno messo qua per le telecamere pronte, forse hanno messo le telecamere”. “Questo è pure un faro, poi dice che i soldi non li hanno – replica Adinolfi – Per mettere queste cose hanno sempre i soldi. Adesso si sentono soddisfatti”. Per il legale di Dell’Utri queste conversazioni “dimostrano la prima consapevolezza degli interlocutori di esser ascoltati”.
    M.