PROGRAMMA NAZIONALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI IN ALTOMARE: UE BACCHETTA L’ITALIA

A quanto sembra, l’Italia si avvierebbe a incorrere nell’ennesima procedura di infrazione comminata da Bruxelles. E la cosa che rammarica è che tale sanzione (secondo la direttiva 2011/70 del Consiglio europeo), verte addirittura sul programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi che, come da accordi, avremmo dovuto presentarlo il 23 agosto 2015. Una grave mancanza per la quale, lo scorso 13 luglio la Commissione europea ci ha ‘spedito’ un forte richiamo, attraverso un “parere motivato” che, per evitare il deferimento alla Corte di giustizia europea, ci dà tempo 60 giorni. Visti i precedenti (non ci siamo riusciti in tanti anni), è ovvio che in 2 mesi non accadrà nulla di ‘riparatorio’. Per essere all’altezza della direttiva infatti, l’Italia ‘dovrebbe’ andare a creare – individuando poi luoghi e strutture – un deposito nazionale, che dovrà essere poi operativo entro il 2024. Purtroppo allo stato attuale, come dicevamo, non esiste ancora un programma nazionale per la gestione delle scorie e, oltretutto, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il futuro deposito (il documento denominato Cnapi, per il vero stilato – seguendo i criteri Ispra – da oltre 2 annii n attesa di pubblicazione, e dunque ‘non pervenuto’). C’è da sapere che parliamo di oltre 90mila metri cubi di rifiuti radioattivi, provenienti dalle centrali dismesse (pari a 75mila metri cubi), e da attita vità industriali, mediche e di ricerca (15mila), con l’aggiunta oltretutto di 58mila metri cubi di rifiuti provenienti da attività di bonifica di installazioni industriali contaminate accidentalmente. Dal canto suo il governo ha avviato la fase di consultazione pubblica per la Valutazione ambientale strategica (Vas), prevista dalle direttive europee per consentire ai cittadini di esprimere il loro parere sul programma nazionale per la costruzione e la gestione del deposito dei rifiuti radioattivi. Come spiega il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti, “Fatto salvo tutto questo, però, ora ci auguriamo che, una volta definito il programma, si vada avanti in maniera molto diversa rispetto a quanto fatto con il deposito che è, a nostro avviso, una struttura necessaria. Prima di imputare la mancata realizzazione di questo deposito alla sindrome Nimby o all’ostracismo di Comuni e comitati – aggiunge ancora Zampetti – bisogna fare estrema attenzione alla trasparenza dell’iter e alla certezza dei tempi, cosa che avevamo già chiesto nel 2014, quando l’Ispra presentò i requisiti. Ma i tempi indicati all’inizio non sono mai stati rispettati e tutta la confusione che c’è stata fino ad oggi non fa altro che alimentare timori e allerta nella popolazione con il risultato che alcuni Comuni e comitati hanno già preso posizione. L’auspicio è che a questo punto, col programma prima e con la pubblicazione della Cnapi poi, ci sia tutto il tempo e la partecipazione possibili a garanzia che il deposito si faccia nel miglior modo e luogo possibili. Quello ci lascia perplessi – dice il tecnico di Legambiente – è un aspetto, contenuto sia nel programma nazionale sia nel progetto di deposito, che è quello di mettere temporaneamente nel deposito delle scorie a bassa e media attività, anche quelle ad alta attività attualmente in fase di riprocessamento all’estero. Visti i quantitativi marginali che l’Italia ha di questo tipo di scorie, sarebbe meglio continuare con questi accordi lasciando che a gestirli siano i Paesi che hanno già le strutture adeguate”.
M.