Quando il Big Data toglie la libertà – di Martina Ferma

    Quando si devono reperire informazioni su una notizia, trovare un vestito o un oggetto, cercare una persona, lo strumento piu` utile e` Internet. Nell’epoca soprannominata “digitale” per il vasto uso che si fa della tecnologia, un diritto fondamentale dell’umanita` sta andando perduto. La propria privacy viene attaccata mentre digitiamo sulla tastiera del computer, dello smartphone o del tablet, scrivendo informazioni personali, costretti a fornirli con la scusa “e` per la sua sicurezza”. E tutti questi dati vengono raccolti, rendendo sempre piu` difficile la tutela della sfera privata, decretando quella che viene chiamata “la morte della privacy”, attirando l’interesse dei mercati e della sicurezza, che occupano sempre di piu` l’orizzonte di Internet.

    Si giunge allora alla necessita` di creare una Carta dei diritti di Internet, soprattutto dopo le rilevazioni di Edward Snowden, un informatico statunitense, sulle schedature planetarie operate dalla National Security Agency che hanno messo in discussione la legittimita` di una sorveglianza di massa che sembra stia portando ad una societa` del controllo. In base ad esse, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha cancellato una direttiva Ue sulla conservazione dei dati personali che violava la Carta europea dei diritti fondamentali, ed ora Tim Berners-Lee, padre di Internet, sta lavorando su un vero e proprio “Internet Bill of Rights”. Questa sara` un’iniziativa diversa da tutte le altre prese in materia, poiche` sara` un testo nato e creato in una sede istituzionale, in cui sara` presente un regolamento per rinnovare la disciplina sulla tutela dei dati personali.

    Bisogna ora sperare che si riesca ad ottenere l’attrezzatura istituzionale necessaria per far si` che i Big Data vengano utilizzati senza togliere liberta` e diritti dei loro proprietari e che non diventino strumenti per il potere e per controlli sempre piu` capillari.